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Burn After Reading. A prova di spia

Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su Burn After Reading. A prova di spia

di lussemburgo
4 stelle

L’America non è un paese per savi, sembrano dire i Coen con questo nuovo loro opus sull’imbecillità generalizzata. Dominato da antieroi in deficit neuronale, Burn After Reading diventa una parodia involontaria de I tre giorni del condor, con la Cia sullo sfondo a guardare i laidi protagonisti ammazzarsi vicendevolmente. Mentre alcuni pensano ad un complotto, altri cacciano gonnelle e le gonnelle altri pantaloni in una sequela di finalità mediocri, aggrovigliate dall’alea e dalla stupidità.
Grande fratello miope e cinico, l’Agenzia osserva e registra, per poi accordarsi per non far trapelare niente della propria incompetenza, smistando e smaltendo cadaveri a ripetizione. In una trama intrecciata dal caso e dall’incompetenza, i satelliti scrutano gli uomini (l’incipit e l’explicit modulati sui film spionistici alla Tony Scott), divinità succedanee cinicamente indifferenti, vagamente divertite dagli immani sforzi per soddisfare futili esigenze. Decisamente avversi ai propri protagonisti, i Coen si divertono a vederli dibattere affannosamente, spararsi amabilmente, amarsi inutilmente in sprechi di vite e affetti calpestati. Da lontano, anche loro li scrutano dibattersi con ironica cattiveria e senza partecipazione, aspettandone la catastrofe annunciata. Incidenti veniali sulla strada della soddisfazione personale, le morti violente, casuali o sfortunate, riaccendono all’improvviso l’attenzione dello spettatore con quella violenza che si vorrebbe condannare, diventata espressione comune dei rapporti interpersonali diretti al reciproco sopruso. E i comportamenti si arenano negli stereotipi televisivi, nei modelli imposti (farsi la plastica, divorziare senza spendere…) in cui franano le ambizioni e a cui si riducono i sogni.
Niente si salva dalla bruttezza ambiente, ma nel ritratto perverso di queste abominevoli pervicacie umane, anche i Coen perdono rigore e lucidità, ritmo e vigore, inseguono Billy Wilder ma finiscono solo per sintonizzarsi su un reality che spira solo tanta antipatia, mentre lo spettatore arriva ai titoli di coda avendo aspettato qualcosa di infine migliore da un film che evapora per autocombustione dopo la visione.

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