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Synecdoche, New York

Regia di Charlie Kaufman vedi scheda film

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La recensione su Synecdoche, New York

di darkglobe
4 stelle

Uno specchio di ansie, malumori e dubbi esistenziali riversati in pellicola e scaraventati con poco riguardo in faccia al pubblico

Synecdoche, New York, va detto con sincerità, è un film deprimente, uno specchio di ansie, malumori e dubbi esistenziali riversati in pellicola e scaraventati con poco riguardo in faccia al pubblico. Film, come noto, destinato forse a cadere nell’oblio, almeno qui in Italia, ma recuperato dalla BIM a seguito della morte di Hoffman.  Si tratta del primo lavoro come regista di Charlie Kaufman, fino a quel momento già ampiamente noto per aver realizzato gli script di Essere John Malkovich, Confessioni di una mente pericolosa e Se mi lasci ti cancello.

Philip Seymour Hoffman, Michelle Williams, Tom Noonan

Synecdoche, New York (2008): Philip Seymour Hoffman, Michelle Williams, Tom Noonan

Il livello di complessità di Synecdoche, New York è assai elevato e richiederebbe non meno di un paio di visioni, perché eventi e personaggi si accatastano, il tempo degli accadimenti si dilata e si restringe e la confusione regna sovrana. Sintomatico che durante la lavorazione un addetto alla scenografia si occupò di disegnare una mappa dei luoghi per contestualizzare correttamente i personaggi e facilitare la vita agli attori.

Il film è la storia di Caden Cotard (Philip Seymour Hoffman), regista teatrale di un certo successo, che vive in una piccola e caotica casa, sposato con Adele (Catherine Keener), pittrice di minute, e padre di una bambina. Cotard viene lasciato dalla moglie, che lo tradisce con Maria (Jennifer Jason Leigh), la quale diventerà perfino amante della figlia. Quando il regista riceve inaspettatamente un consistente premio in soldi, decide di investirlo in una mastodontica opera teatrale sulla propria vita, anche per dimostrare alla ex moglie di non far solo lavori dal successo sicuro. La scrittura dell’opera si allunga negli anni ed il set teatrale si espande all’interno di un vecchio capannone riproducendo via via interi quartieri della città. In questo gigantismo scenografico in crescita continua, Cotard si dibatte tra amori femminili, realizzazione affannosa dell’opera teatrale e progressiva degenerazione fisica.

 

Michelle Williams

Synecdoche, New York (2008): Michelle Williams

Caden Cotard è un ipocondriaco: inghiottisce pillole come caramelle ed il suo stato di degrado mentale, che diviene anche fisico, procede inesorabilmente negli anni, nel classico rapporto di scarsa empatia con i medici. Personaggio assai problematico, a pelle quasi respingente nel suo modo di affrontare la vita, pare un misto tra le depressioni e le incertezze nei rapporti con l’altro sesso alla Woody Allen e lo stile impacciato e bofonchiante alla Jack Lemmon.

Quello che si può dire con una qualche sicurezza è che il film è un lungo e duraturo incubo, nel quale si accavallano a ritmi ossessivi una moltitudine di episodi (fallimentari) di vita personale, in pieno delirio onirico. La folle sequenza dei fatti lo dimostra in maniera inequivocabile, già dall’incipit con le incongruenze tra le date annunciate alla radio e quelle sul giornale; quando Cotard si lamenta della figlia di soli 4 anni (ma ne ha in realtà già 11); o quando il diario della figlia dimenticato sotto un cuscino si espande tematicamente in maniera autonoma, anche come grafia, continuando ad offrire sempre nuovi spunti riflessivi della ragazza. Detto delirio raggiunge il suo culmine nella fase in cui Cotard viene affiancato, nella ricostruzione teatrale della sua vita, da Sammy Barntham (Tom Noonan), un imitatore che lo ha studiato ossessivamente e a fondo per 20 anni e che diviene così onnipresente nella vita del regista da richiedere per la pièce l’ingaggio di un imitatore dello stesso imitatore; aspetto quest’ultimo che smaschera un ingestibile avviluppamento dei fatti su se stessi, a dimostrare che il progetto artistico nato dalla riproduzione via via più fedele della vita di un individuo sia in fondo irrealizzabile.

Samantha Morton

Synecdoche, New York (2008): Samantha Morton

I rapporti di Cotard con l’altro sesso afferiscono anch’essi alla sfera del depressivo e dei sensi di colpa: la moglie, apatica ed insofferente, lo tradisce con una donna e per lunga parte del film la sua fuga in Germania pare rappresentare un vuoto psicologico all'apparenza non colmabile - ma traspare una questione di orgoglio personale -; la figlia – il simbolo del dolore del distacco genitoriale - diventa ipertatuata e lesbica (Kaufman tratta appunto tali fatti come incubo paterno), esibendosi come spogliarellista e nutrendo rancore per il padre per fatti sessuali inesistenti, inculcati dalla perfida amante tedesca; l’amore di Cotard per la focosa segretaria Hazel (Samantha Morton) - forse la sua donna ideale pur se incolta (razzismo culturale) e un po’ stramba (si pensi all’acquisto di una casa in fiamme) - pare giunga alla concretezza solo in vecchiaia, con una morte di quest’ultima che vorrebbe strappare un sorriso ma risulta penosamente ridicola; la seconda moglie Claire (Michelle Williams) è una donna bella ma priva totalmente di personalità - i migliori attori rappresentano magificamente gli altri, non se stessi -, capace però anche lei, pur nella sua inconsistenza, di piantare Cotard; l’immancabile psicoterapeuta Madeline Gravis (Hope Davis) - la donna in carriera piena di sé e tentatrice - pare più una macchietta stereotipata che un personaggio in grado di suscitare interesse, se non fisico; infine l’attrice Tammy (Emily Watson) - la donna buona solo per una scopata - è insensibile perfino di fronte allo spettacolo del sangue della madre di Cotard.

Tralascio per pietà la questione delle manie sulla pulizia, che iniziano con uno spazzolino per la rimozione delle incrostazioni casalinghe e passano negli anni alla pulizia della casa della ex moglie. Per carità, tutto correlato psicologicamente allo stato mentale di Cotard, ma tutto anche piuttosto degradante.

Su questo mesto miscuglio di vicende ed obiettivi falliti, il tempo, pur nelle sue assurde asincronie dei fatti, scorre inesorabile conducendo Cotard alla morte, dopo aver seminato, lui malato, morti ovunque dietro di sé, inducendo lo spettatore a detestare il tempo sprecato per la visione del film.

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