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Changeling

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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Eric Draven

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La recensione su Changeling

di Eric Draven
8 stelle

 

Ebbene, oggi recensiamo quello che è senza dubbio uno dei film più sottovalutati in assoluto del grande Clint Eastwood, ovvero Changeling, pellicola della durata molto consistente e corposa di due ore e ventuno minuti, uscita negli Stati Uniti prima in poche sale il 24 Ottobre del 2008, poi distribuita dappertutto, a largo raggio nordamericano, il 31 Ottobre, distribuita invece in Italia il 14 Novembre, dopo esser stata presentata al Festival di Cannes.

Sceneggiata con sobria finezza, anche se un po’ didascalica, da J. Michael Straczynski, il quale si è basato su fatti realmente accaduti, da lui leggermente romanzati, nella Los Angeles cupa e corrotta dell’anno 1928.

Ove una madre nubile, Christine Collins (un’Angelina Jolie giustamente candidata all’Oscar, nella sua prova recitativa, sebbene qua e là enfatizzata e caricata, più appassionatamente sofferente e sentita), tornando a casa dal lavoro, non trova più suo figlio di nove anni, Walter (Gattlin Griffith)

Dopo averlo cercato invano e disperatamente per il suo quartiere, dopo aver trascorso la notte nella solitudine più allarmante e angosciosa, dopo sussultanti e accorate ventiquattrore dalla sparizione del suo amato bambino, così come prescritto dal codice di emergenza, finalmente si rivolge alla polizia, affinché quest’ultima lo rintracci.

Dopo cinque mesi, viene contattata di persona, dal capo del Police Department di L.A., un mascolino, spigoloso e coriaceo uomo tutto d’un pezzo, J.J. Jones, incarnato con aderente odiosità e luciferina bravura melliflua e serpentesca dall’attore Jeffrey Donovan.

J.J. Jones comunica alla donna che suo figlio, dopo affannose ricerche, è stato ritrovato.

Il bambino però, consegnatole alla stazione, diciamo così, non è suo figlio. Almeno ciò è quello che fermamente, sebbene stordita e in preda al panico, sostiene Christine Collins. La quale, ricattata dal burbero capitano di polizia, è però costretta a farlo crescere fra le sue mura domestiche, al fine che non possa creare imbarazzi alle istituzioni.

La donna, nonostante tutto, non si arrende. Alla fine, è pronta a denunciare lo scandalo, assistita da un combattivo prete presbiteriano, il reverendo Gustav Briebleg (un magnifico, compassato, ieratico John Malkovich). Ma, per la sua ostinata per quanto sacrosanta ribellione, viene internata in manicomio e spacciata per paranoica malata di mente. La polizia infatti, guidata dal suo orgoglioso gerarca capo dittatoriale, vuole insabbiare la verità e inscenare la pazzia della donna per non macchiare la propria intoccabile reputazione.

Sempre grazie alla volitiva solidarietà lottatrice dell’infermabile, indomito Briebleg, la signora Collins viene liberata.

Intanto, seguiamo in parallelo le indagini su un maniaco pedofilo, un pluriomicida di bambini da lui seviziati e massacrati, il mostruoso Gordon Northcott (Jason Butler Harner).

L’uomo viene arrestato e impiccato. Ed è stato certamente lui a uccidere il figlio della Collins.

Sebbene, in carcere, dinanzi alla donna si rifiuta di confessarle il vero.

 

Nella realtà, Northcott non fu condannato alla pena capitale ma all’ergastolo.

E già questo apparentemente insignificante dettaglio, mutuato rispetto alla realtà, dovrebbe dirla lunga riguardo al punto di vista di Eastwood. Che è tetrissimo come non mai in questo film straordinario.

Un film gelido, notturno, ove anche le molte scene alla luce del giorno son rugginose, aride e mortifere, come se Eastwood, attraverso l’ipnotica fotografia crepuscolare e chiaroscurale, caldamente avvolgente di un ispiratissimo Tom Stern, avesse ancora una volta voluto decretare la sua poetica insindacabilmente spettrale quanto romanticissima.

Perché Changeling è un film dell’orrore mascherato da noir, una storia incredibile, tanto incredibile da mettere i brividi, una vicenda talmente agghiacciante, così terribilmente vivida e reale che Eastwood l’ha girata come fosse un pallido documentario eccezionalmente cinematografico, classicissimo, esaltandola di folgorante livor mortis, decolorando le immagini nell’averle tanto saturate di sanguinosi azzurri violacei, accecanti e brutalmente asfissianti, pigmentando ogni fotogramma di variazioni cromatiche così forti e viscerali, penetranti nelle loro cangevoli, morbide sfumature abbaglianti da essere perfettamente aderenti al viso qui scheletrico e cereo di un’anoressica Angelina Jolie emozionalmente fantasmatica col suo vistoso rossetto incandescente a contrasto dei suoi occhi blu e dei suoi sottili denti bianchissimi.

Changeling non è un capolavoro ma gli va molto vicino.

Un film indimenticabile, con una Jolie eccezionale e un John Malkovich strepitoso.

Un’altra perla del maestro.

Del più cinico e spietato regista americano forse di tutti i tempi, del più intrepido e coraggioso.

Clint Eastwood, una leggenda, un cineasta immenso che, con la bellezza impressionante di quaranta film da regista, non hai mai scritto una sola sceneggiatura di suo pugno, affidandosi esclusivamente al talento dei suoi writer.

Ma che, quando sceglie uno script, non cicca pressoché mai, infallibilmente, un solo colpo.

 

 

di Stefano Falotico

 

 

 

 

 

 

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