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Changeling

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Changeling

di lussemburgo
10 stelle

 

Il cinema di Eastwood fa ormai della deviazione e della stratificazione i suoi temi ricorrenti. Alla sovrapposizione di sentimenti e di varie forme di affetto, compresenti e complementari, tra i protagonisti, si unisce una narrazione fuorviante che sembra dirigere il film in una direzione, per poi trasformarlo in un’altra pellicola, derivata e conseguente dalla prima eppure inaspettata e sorprendente. Al resoconto sportivo del primo tempo di The Million Dollar Baby segue la tragedia della menomazione e il melodramma del dolore condiviso, sul ritratto del misantropo incallito si incunea il mito erroneo del cavaliere solitario in Gran Torino, che poi devia verso il dramma sociale ed esistenziale.

 Changeling è così quasi un film antologico che si diparte dal paesaggio inurbato della piccola borghesia per spostarsi sulle spianate aride del western ad inseguire le tracce di una criminalità nascosta dalla Depressione, si sposta tra le manovre politiche degli apparati governativi e l’indifferenza per la verità o l’individuo, attraversa i confini dell’investigazione poliziesca per condurla nelle aule del tribunale mentre la tragedia personale di una madre rimane la costante sullo sfondo di una desolazione economica e sociale.

E come i film di Eastwood si avventurano verso fondali inizialmente imprevedibili, i  personaggi che li abitano attraversano complessità inedite, variabili sentimentali che rispecchiano la mutevolezza della vita su cui le pellicole stesse si chiudono, facendo rifluire la narrazione nello scorrere umano quotidiano, a confondere i personaggi tra la folla mentre la pellicola si spegne.

La protagonista di  Changeling è interpretata da una Angiolina Jolie disincarnata dalla magrezza ma ferma e attanagliata alla fiducia, probabilmente illusoria, della sopravvivenza del figlio scomparso, a dispetto degli anni e dall’orrore rivelato dalle indagini, con la sola certezza dell’incertezza, tradotta da una lucida follia in forsennata e implacabile speranza. Incapace di rassegnarsi e di adeguarsi all’imposizione di un sostituto di comodo, la Jolie resiste all’offesa, fisica e mentale, della disperazione, raggela il melodramma nel rifiuto del dolore dopo il pianto iniziale e prosegue ostinata nella confusa ricerca della traccia di una verità inappellabile.

Come tutti i protagonisti di Eastwood è abitata dall’ostinazione della coerenza, il cui costo è la pazzia apparente e la solitudine conseguente, dalla fedeltà ad un principio, discutibile e spesso non condiviso, al quale spesso si riduce e si riconduce la vita stessa che con esso finisce per identificarsi.

Amorale nella volontà di non criticare, il cinema di Eastwood si associa ai suoi protagonisti per condividerne lo sguardo sul mondo perché ognuno ha le sue ragioni, per quanto criticabili, mentre la macchina da presa accarezza volti e paesaggi per manifestarne la sofferenza e parteciparvi, cercando un ponte d’intesa umano e onesto con la franchezza della classicità. Alieno dalla modernità ma inserito nel tempo, interiore e sociale, dei suoi protagonisti, il cinema di Eastwood non mira all’esteriorità plateale ma ricerca con rigore la fraternità dell’anima.

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