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This Is England

Regia di Shane Meadows vedi scheda film

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La recensione su This Is England

di giancarlo visitilli
8 stelle

La via maestra dell’odio e della violenza. Quella che inizia coi padri e non sempre riesce a sopravvivere con i figli. Nel mezzo, la banalità del male.

Non bastano mai i tanti film sull’argomento, anche abbastanza recenti (Fratellanza – Brotherhood, 2010; L’Onda, 2008; The Believer, 2001). Anzi, sembrerebbe che la geografia umana e politica degli uomini contemporanei si descriva bene mediante film importanti come questo. 

Infatti, Shane Meadows, ricostruendo quegli anni (siamo nel luglio del 1983) che furono densissimi di odio e violenza, ci riporta in quella parte del regno Unito che fu il palcoscenico di violenze sociali, lotte di classe, di religione e politiche, all’ombra della Church of Christ. Un dodicenne, Shaun, ragazzo isolato, taciturno e cresciuto in una sperduta cittadina di mare, a cui è morto il padre, nella guerra delle Falklands. Tornando a casa, incontra Woody e i suoi amici skinhead che, contrariamente al loro aspetto minaccioso, gli appaiono simpatici ed educati. Gli skinhead accettano Shaun come uno di loro e lo aiutano a trovare due valori che gli sono sempre mancati: l'amicizia e i modelli maschili di riferimento. Con i nuovi amici, Shaun scopre un mondo di feste, il primo amore e la gioia di indossare gli anfibi “Dr. Martens”. Shaun incontra anche Combo, skinhead dichiaratamente razzista, più grande del gruppo, appena uscito dal carcere dove ha scontato una pena di tre anni e mezzo. Mentre la banda di Combo tormenta le minoranze etniche locali, Shaun vive invece intensamente la fase di passaggio adolescenziale che lo aiuterà a crescere.

Tempi e modalità diverse: nel nostro paese, contemporaneamente la vittoria elettorale di Bettino Craxi, e quindi il red carpet a quella che diventerà l’inizio della storia della corruzione degli ultimi anni; in Inghilterra, invece, il gran successo alle lezioni della Lady di ferro, Margareth Thatcher, della guerra delle Falklands. Le migliaia di soldati americani che morivano combattendo nel Sud America. Il movimento degli “skinheads”, che attecchiva un po’ ovunque, lì dove il male trovava adepti pronti a tutto. Un movimento nato negli anni 60, di Sinistra, fusione tra i proletari inglesi e i Rude boy jamaicani, ma che non si fecero mancare nulla, specie rispetto alla xenofobia.

Meadows sceglie di chiamare tutto con il giusto nome, anche il paese (l'Inghilterra) dove ancora oggi le lotte religiose non disdegnano un certo impegno fomentare la violenza. Di qui il titolo del film, che si rifà al concetto razzista e alla distinzione fra inglese e ciò che non lo è. Parlando di quegli anni, in realtà, si parla di oggi e di ogni parte del mondo, compreso il nostro ‘mondo/paese’. Ci si chiede se quegli attacchi terroristici recenti alle metropolitane di Londra siano stati organizzati da "pakistani d'Inghilterra", non evitando di mostrarci come  per ben vent'anni il paradigma pakistani/male sia stato molto giustificato e mistificato. Non è un caso se questi siano citati più  volte nel film. Accanto a tutto ciò il disagio nelle periferie, la strumentalizzazione politica delle frange estreme della società.

Ecco perché il film di Shane Medows, vincitore del secondo premio alla prima Festa del cinema di Roma, è un film importante della Storia, anche del cinema. Bisogna dargli atto che il racconto non fa uso affatto della retorica, alleggerendo anche le scene più violente: si tratta di mostrare una violenza sempre “in agguato”, resa anche per mezzo di una strepitosa colonna sonora, che oltre ad avvalersi di ottimi pezzi musicali della storia della musica mondiale, contempla l’originalità compositiva di Ludovico Einaudi.

Eccellente anche l'interpretazione di tutti gli attori, ma su tutti, il piccolo protagonista, Thomas Turgoose. E’ lui che sintetizza e, alla fine del film, dialoga con ogni spettatore, guardandolo direttamente dritto negli occhi. Difficile restare indifferenti.

Giancarlo Visitilli

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