Regia di Takashi Miike vedi scheda film
Meno scientifico di quel vertiginoso "anello di Moebius" che era lo splendido "Audition", questo stravagante "Gozu" presenta una struttura più irregolare, asimmetrica, libera. Un film anarchico come pochi, capace di rinnovare la tradizione surrealista, accostandosi alle ossessioni di Lynch. Nell'assurdismo che regola gli avvenimenti di questo cine-incubo, nel suo andamento sornione, nella sua alternanza fra stasi soporifere e repentine esplosioni di follia, è possibile rintracciare un nucleo tematico ben preciso: la scoperta del sesso da parte di un ragazzo vergine. Per inscenare questo contorto ed allucinato saggio di educazione sessuale, Miike si serve di yakuza-movie, road-movie, commedia degli equivoci, horror (non solo lo splatter, ma anche classici del fantastico quotidiano come il grottesco "Old Dark House" di James Whale e tutta una tradizione, riportabile nel sotto-genere "motel degli orrori", che resiste ancora oggi coi vari "Hostel"). La curiosità, più che l'ossessione, erotica del protagonista emerge nella seconda parte del film e viene prima ricondotta alla figura materna (la vecchia che secerne il latte dal suo seno e poi allatta un presunto "fratello"), poi confusa con quella fraterna e con la dimensione professionale: sotto il segno di una triplice ambiguità di genere (maschio/femmina), di sentimento (violenza/sesso) e di estetica (il non-genere "grottesco"), Miike ribadisce l'impossibilità non solo di uno sguardo obiettivo sul reale, ma anche di una definizione univoca del concetto di "identità", sotto ogni punto di vista.
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