Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Quando Sorrentino era davvero Sorrentino, il suo stile manieristico e barocco non era mai fine a se stesso, ma essenza di un cinema atto a svelarci e a rappresentarci, nel bene e - anzitutto - nel male. Il ritratto di Andreotti è il ritratto di un paese dove non esiste più differenza tra politica e criminalità, tra chi dovrebbe costruirne le fondamenta e chi opera per farne materia per la propria brama di ricchezza e di potere. La gobba di Andreotti assume una valenza simbolica: è il peso di tutti i patti omertosi, di tutte le azioni sottaciute e scellerate, che crescono sull'uomo e dentro l'uomo, il cui mantra - fino alla fine - rimane sempre lo stesso: negare, negare sempre, negare tutto, negare proprio in nome della verità. Come se la menzogna diventasse una fede che non bisogna né abiurare né sconfessare, a tutti i costi, pena l'Inferno. Ottima l'interpretazione di Toni Servillo, che del nostro 7 volte presidente del Consiglio riesce a ridare egregiamente la voce, la scaltrezza, la perfida, il cinismo, l'indifferenza, l'ambiguità. Il film - nel 2008 - vince meritatamente il premio della giuria al festival di Cannes.
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