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Il Cavaliere Oscuro

Regia di Christopher Nolan vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il Cavaliere Oscuro

di lussemburgo
8 stelle

Fulcro oscuro e misterioso del secondo capitolo della rilettura gotica di Batman, il Joker incarnato visceralmente da Heath Ledger è un’entità astratta, crudele e bizzarra. Senza identità né storia (non si sapranno mai le vere origini delle cicatrici), il Joker di Nolan è un puro folletto sadico di coerente imprevedibilità, una mina vagante mirante all’implosione sociale, al sabotaggio delle sicurezze scontate, un agente del caos anarcoide e beffardo. Perfettamente consapevole del suo ruolo (tanto da esplicitarlo teoricamente), il nuovo Joker è un artista post-moderno, un interventista maligno e compiaciuto, un terrorista senza scopi se non quello di dinamitare ogni forma di organizzazione, civile, sociale o criminale.
Batman nei suoi confronti non può che agire di rimando, in costante reazione ad un’iniziativa che non gli appartiene più, cercando di contingentare i danni piuttosto che prevenirli. Nemesi apparentemente perfette, Batman e il Joker si vorrebbero le due facce della giustizia, il bene e il male contrapposti, ma l’eroe è rigido, tenebroso e antisociale quanto il maniaco è esuberante, colorato e solare. Dilaniato tra i due estremi opposti, Harry Dent si trasforma nella pellicola in Harry Due Facce, maniaco vendicativo omicida dopo essere stato incorruttibile procuratore distrettuale dal viso per metà orribilmente ustionato. Se la sua linea narrativa inizia e termina nel film, la trama ne ripercorre dettagliatamente la genesi, ne fa la personificazione (e metafora) del dibattito in atto, l’impossibile sintesi di due entità difformi, deformi e schizofrenicamente variabili, mosse dall’incomprensibile motore del caso.
Denso di temi e intenzioni politiche, il film di Nolan si radica in un realismo di fondo (recitativo, fotografico, registico) che fa da contrasto alla matrice fumettistica di personaggi che così diventano viventi paradossi di tensioni esistenti. Nolan osserva la società dilaniarsi tra democrazia e disordine, l’osservanza o il vilipendio delle leggi, l’egoismo dell’inciviltà si confronta con la dignità solidale, attesta il temibile avvento di un uomo forte a cui delegare poteri e prepotenza in cambio di tranquillità apparente. Ancorato nel presente sociale (americano e non), The Dark Knight è un film dominato dalla paura e dalla reazione ad essa, incontrollabile e pericolosa, fonte primaria dello stesso terrore che la alimenta, evidenziando così l’insanabile dissidio tra effetti e intenzioni, tra l’aspirazione alla giustizia e la scelta dei metodi per perseguirla.
Batman è nel film quasi solo un’ombra fugace, ammantata dal costume e dalla notte in cui si muove; non entra in scena perché è già in campo o fuori (una citazione implicita da Hitchcock: Rebecca), ed è quasi marginale allo sviluppo della trama. Fragile e potente, Bruce Wayne è Charles Foster Kane, miliardario rinchiuso nel trauma delle perdite affettive, incapace di comunicare col mondo e condannato ad una solitudine imposta e scelta. Nolan cita esplicitamente l’inquadratura d’apertura di Quarto potere, con i cartelli “No trespassing” sull’inferriata. Similmente prigioniero in un castello come Citizen Kane, Wayne ha visto il suo maniero andare distrutto, e dietro alle griglie si apre un cantiere a cielo aperto, desolato e angosciante.
Coacervo impassibile di rabbia e di dolore, espresso solo dall’aggressività verso il crimine, Batman è un supereroe senza poteri né colori benché super-accessoriato, un uomo tra tanti ma dalle scelte dissidenti, che si dilegua dal consesso civile per muoversi nell’ombra, esiliato dal titolo stesso del film come dalla società e dalle sue regole. È un antieroe, alla fine consapevole del suo ruolo liminare di giustiziere mascherato, senza identità e quindi senza legge, che persegue i suoi scopi con metodi inevitabilmente anti-ortodossi al sentire comune, è un altro personaggio inquietante nel freak show globale.

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