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La volpe e la bambina

Regia di Luc Jacquet vedi scheda film

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La recensione su La volpe e la bambina

di giancarlo visitilli
8 stelle

Con il Premio Oscar 2006 (“Miglior documentario”), Luc Jacquet, ci eravamo lasciati con le emozioni legate alle storie dei pinguini. Ci siamo rincontrati con le stesse emozioni, ma questa volta alle prese con le volpi, gli orsi e il mondo sotterraneo dei boschi. La volpe e la bambina è assolutamente un film per adulti bambini e per bambini un po’ adulti. Scritto dallo stesso regista, con Eric Rognard, il film sta tra il documentario di qualità, una versione più intelligente del vecchio (ma sempre giovane) “Pippi Calzelunghe”, con il valore aggiunto di una arte, quella propria del cinema, capace di esaltare quel poco di estetica che ancora è rintracciabile nella natura. Quella che è ancora per poco un incanto, trattandosi del Parco Naturale dell’Abruzzo e delle montagne dell’Ain.
E’ in questi luoghi che avviene l’incontro magico e la successiva amicizia tra una volpe e una bambina. Tale spunto per il film è causa di un episodio accaduto realmente, durante l’infanzia, al regista. La contemplazione e l’affascinazione da parte della bambina, saranno il pretesto per cercare di superare la paura che la volpe ha dell’umana presenza. Comincerà un lungo periodo di appostamenti, rincorse, attese, che, pian piano, porteranno la bambina a conquistare la fiducia del bellissimo animale e a diventare sua amica.
E’ fantastico il mondo visto dal punto di vista della bambina prima e della volpe dopo. Tutto è amplificato, ingigantito, favolistico. Anche se, dinanzi alla macchina da presa, il rapporto della bambina e della volpe è paritario. Eccellente. L’interprete bambina, Bertille Noel-Bruneau, tutta lentiggini ed occhi verdi, è capace di riportarti, meglio di un bravissimo psicanalista, all’età dell’infanzia, per poi restituirti la macabra scoperta di scelte adulte e cattive, le uniche fuori dalla portata di ogni norma e di ogni naturalezza. E qui la bravura di Jacquet, capace di dosare bene la magia del cinema e la dimensione documentaristica e reale, legata alla sua precedente professione di biologo e studioso dei comportamenti animali. Non c’è un solo momento del film in cui lo spettatore avverte il bisogno di paragonare Titou, la volpe, a quella ormai famosissima del Piccolo Principe, o delle classiche fiabe di Fedro ed Esopo, perché qui l’animale rimane reale, finalmente selvaggia, astuta e stanca di sopportare le angherie di uomini capaci di colonizzare anche le tane, loro naturali habitat. Che bello: una volpe che, finalmente, non parla con gli uomini! Perché Jacquet sa benissimo che anche i bambini non vanno trattati come decerebrati, come accade nella maggior parte dei film per bambini che hanno per protagonisti degli animali. Molta importanza ha la musica, narrativamente fondamentale, capace di suggestionare con le armonie che descrivono benissimo il passaggio delle stagioni, fra campi in fiore, farfalle che si rincorrono e cascate mozzafiato. Semmai la voce narrante (nella versione originale è di Isabelle Carré), doppiata dalla brava Ambra Angiolini risulta un po’ troppo ridondante, rispetto a quanto già le immagini riescono a raccontare senza alcun uso delle parole.
Giancarlo Visitilli

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