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Grande, grosso e... Verdone

Regia di Carlo Verdone vedi scheda film

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La recensione su Grande, grosso e... Verdone

di scapigliato
8 stelle

Carlo Verdone, uno e trino. La storia, fortunatamente, si ripete, e il grande mattatore ci regala di nuovo una carrellata di valore inestimabile di volti, gag, battute e tormentoni che lasciano il segno in quella zona franca del nostro spirito in cui ancora si rifugiano le cose belle: e di spazio ce n’è.
Fin troppo facile dire che il primo episodio, di un grottesco favolistico, vera e propria parodia della famigliola vaticana del Mulino Bianco, è l’episodio dove si ride a bocca maledettamente aperta per la genialità delle trovate, una su tutte: i figli e il di lui fratello doppiati da Verdone. L’impietoso ritratto che il Carlo Nazionale fa delle insane manie italiote (aggettivo derivato dalla contrazione di Italia Idiota) genera un riso godereccio e poco amaro, tanta è superiore l’arte comica, pura maschera, di Verdone. É dopo. É il retrogusto di sconfitta che ci permette di calibrare come il becchino succhiadenaro, come le ritualità legate alla morte, come la severità di spirito delle organizzazioni moraliste (qui gli scout), stiano alla assurdità più totale tanto quanto le pruderie convenzionali stanno al baratro dell’etica.
Con il secondo episodio si conclude la trilogia horror di Verdone. Partito da Furio, passato da Raniero, ora approda a questo Callisto che chiosa anche esteticamente e iconograficamente il percorso “nero” di questo personaggio che si allinea a figure come Monsieur Verdoux (ricordate Fosca?) e ad Hannibal the Cannibal. Un episodio dove questo individuo diventa figurazione del male castratore, libidinoso ma cattolicamente repressivo. Una specie di “monaco” di Lewis o dello Schedoni della Radcliffe. Un uomo quindi disgustoso che teme il figlio essere gay, come se esserlo fosse un’onta, o peggio ancora moralizza la vita per poi sporcarsi nel buio della menzogna. Fa specie anche il fatto che sia un professore, quindi un luminare, un uomo di ragione, invece è ammanicato, genoflesso, costantemente egomaniacale. Fa la morale al figlio, e poi va a puttane, poi dà una lauta offerta alle suore, e poi di nuovo a puttane, poi si inciuccia con un politico affarista, e poi via di nuovo a puttane. Gli mancava solo di andare al Family-Day e poi via di nuovo a puttane, e il personaggio era perfetto. Ma ci ha pensato la realtà, stavolta, a inondarci di vergogna. Sia chiaro, ognuno ha il diritto di fare quel che vuole sessualmente, è che poi non deve fingere certe morali inutili solo per ragioni politiche o di voto. Ma l’episodio tira in ballo anche un giovane attore, di cotanto padre, nonno e madre: Andrea Miglio Risi. Un po’ di legno in alcuni passaggi, ma dalla presenza catalizzatrice, una bella faccia e una bella presenza scenica.
Infine torna lui, l’ex-Ivano de noantri, ribatezzato Moreno, che se ne va in vacanza con moglie e figlio per restaurare la compattezza famigliare. Terzo episodio, consapevolmente incentrato sulla famiglia di cui oggi tanto si dice e tanto si gracchia per niente, che ci porta alla deriva dell’istituzione cattolica per eccellenza, quella del presepio che non cambia mai. Nel tentativo di cambiamento però avvertiamo i rischi di tracollo, di isolazione e di tristezza. Non una vera apologia sulla famiglia normale, quanto sulla sempre più auspicata normalizzazione dei sentimenti e dei loro rapporti. Famiglia è dove famiglia c’è. In questo caso abbiamo la Sacra Famiglia italiana, padre, madre e figlio maschio, ma potevano essere due omosex alla deriva, un vecchio e una giovane portoricana alla resa dei conti, o un patriarcale don giovanni con stuoli di matrimoni e mogli alle spalle, ma la storia non sarebbe cambiata: se non c’è verità nel sentimento, si rischia il tracollo. Grande la Gerini che mostra un corpo invidiabile, nonchè una aderenza perfetta ad un personaggio coatto già culto da dieci anni. Un’attrice tra le meno quotate, le meno impegnate professionalmente, ma che supera di gran lunga le “senatrici” del cinema italiano.
Un terzetto di caricature, tra l’affettuoso e l’impietoso, che non solo ci fanno un gran ridere (la scena del pompino mascherato al Callisto di turno è da rivedere e rivedere e rivedere), ma che ben presentano il panorama socio-culturale dell’Italia oggi. Radicata nell’effimero, e lontana anni luce dalla verità. Purtroppo, da Paese di Santi, Poeti ed Inventori che eravamo, siamo crollati ad un Paese di soli furbi, che predicano eccessivamente e buonisticamete bene, per razzolare irrimediabilmente male. Una tragedia.

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