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Il futuro non è scritto - Joe Strummer

Regia di Julien Temple vedi scheda film

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La recensione su Il futuro non è scritto - Joe Strummer

di mc 5
8 stelle

Ognuno lo afferma a proposito dei gruppi rock a cui è legato, ma in questo caso, credetemi, è vero: i Clash non furono un gruppo come gli altri...Io credo che dopo i Beatles e gli Stones, spetti ai Clash di diritto il terzo posto tra coloro che hanno contribuito ad incidere sulla storia del rock'n'roll. E c'è un dettaglio che rende particolarmente orgogliosi alcuni dei vecchi fans del gruppo inglese: poter dire la famosa frase "quel giorno a Bologna in Piazza Maggiore coi Clash, io c'ero!". Ebbene, quel 1/6/1980, io c'ero veramente. In prima fila sul lato destro, coi gomiti appoggiati al palco, col rischio che Joe Strummer mi calpestasse la mani. Non è qui il caso (nè la sede opportuna) di estrarre dai cassetti della mia memoria i frammenti di ex-giovane appassionato di rock'n'roll, ma una cosa va detta. Il rapporto con la musica, coi concerti e coi dischi, in quel magico periodo che va (grosso modo) dal 1977 al 1981-82, fu un rapporto davvero speciale. Ricordo ancora di aver letto su non so quale rivista musicale dell'epoca questa frase banale, ma che mi illuminò: "Il punk è la scintilla". Sì, fu una scintilla che scatenò un incendio devastante, fiamme che si esaurirono abbastanza presto, ma che bruciarono molti giovani cuori con rara intensità, calore e potenza. Rammento che mi divertivano da matti i Ramones, mentre -a differenza di molti- non avevo una gran opinione dei Sex Pistols, anzi mi stavano piuttosto antipatici. Nessun dubbio invece sui Clash: li adoravo senza riserve. Era l'approccio al rock'n'roll, che richiamava perfino echi da epopea western, che li distingueva. Possedevano un'attitudine speciale che nessun altro gruppo all'epoca aveva, anche a livello di immagine. Per non parlare poi del ritmo irresistibile della loro musica: i Clash hanno il merito di aver reinventato l'approccio del rock'n'roll con i ritmi caraibici, dando vita ad una miscela esplosiva di reggae e rock'n'roll. Voglio concludere questa mia lunghissima introduzione chiudendo il cerchio dei miei ricordi: dal quel 1/6/1980 in Piazza Maggiore fino all'ultima volta che vidi Joe su di un palco: fu in una data che non ricordo al Parco Nord di Bologna, coi suoi Mescaleros, in una sera piovosa; e mi piace segnalare che accanto a me avevo due vecchi amici marchigiani anch'essi fedeli seguaci dei Clash: i fratelli Marino e Sandro Severini, che erano l'anima (e lo sono ancora) del gruppo chiamato "The Gang". Il percorso umano di Joe Strummer puo' ricordare per certi versi quello di molti altri miti del rock caduti nella polvere, tuttavia lui non era il solito "rocker autodistruttivo". Joe era un animo tormentato, mai pacificato, neppure quando le cose giravano bene. Quando poi sorsero i problemi, dovuti anche al suo potente ego, le cose peggiorarono. Tutto questo è documentato minuziosamente nel film, riportando anche punti di vista differenti. Si avverte chiaramente che il regista (Julien Temple) era uno che nel punk "c'era dentro". E infatti oltre ad essere stato grande amico di Joe, ha al suo attivo ben due lungometraggi sui Sex Pistols. Temple ha recuperato una minuziosa documentazione personale su Strummer, e infatti ne viene ricostruita per immagini tutta la vita, compresa la sua infanzia, la scuola, la sua famiglia e tutto il resto. E la cosa bella è che i numerosi testimoni che incrociarono la loro vita con la sua, ripercorrono le tappe del cammino di Joe in una forma singolare, che Joe avrebbe apprezzato con entusiasmo: cioè lo fanno una sera tutti seduti attorno ad un falò. Si tratta di testimoni che gli furono vicini a vario titolo, alcuni dei quali compaiono però in interventi esterni registrati altrove...Sfilano amanti, collaboratori, colleghi... E si alternano volti sconosciuti insieme a ospiti illustri che non ti aspetti: da Johnny Depp a John Cusack, da Bono Vox a Martin Scorsese, da Flea dei RHCP a Steve Jones dei Sex Pistols. Ma quello che piu' mi ha colpito per lucidità di analisi è il vecchio regista Don Letts. Insomma è una rimpatriata fra amici, tra falò, chitarre e vino. E va detto che il film, pur rappresentando un sentito tributo a Joe, non ne è affatto una mera agiografia, evidenziandone anche i difetti e gli eccessi. Ma c'è un'altra trovata geniale che impreziosisce la pellicola: a "punteggiare" i diversi momenti del film vengono utilizzati i brani scelti dallo stesso Strummer per il suo programma radiofonico "London Calling" che andava in onda su BBC World Service; e qui la qualità delle proposte musicali si fa eccellente: Presley, Bukka White, Harry Bellafonte, Ramones, Eddie Cochran...insomma il meglio del meglio della Storia Del Rock'n'Roll. Il film si apre e si chiude sulle note furiose dell'anthem politico "White Riot" e mai scelta fu piu' azzeccata; per inciso, la seconda delle due esecuzioni è quella che coincise con l'estemporanea reunion fra Joe e Mick Jones, in occasione di un live benefico per i pompieri. Dallo scorrere delle varie testimonianze appare sempre piu' stagliarsi la figura di un uomo che non era un semplice musicista divenuto icona rock, ma una sorta di filosofo, quasi un Maestro di vita, che conduceva una sua personale ricerca sul concetto di Libertà. Fra l'altro il film, nella sua fase finale, ci mostra uno Strummer decisamente smarrito, alla ricerca di nuovi stimoli e di nuove derive artistiche: singolare sentirgli dire che è molto interessanto alla musica techno, in cui intravede una sorta di nuovo underground, tanto che ammette di aver partecipato a dei "rave" proprio per immergersi in quell'universo e tentare di capirlo. Il film dura esattamente due ore, ma scorre vivacemente, grazie ad un montaggio agile che utilizza anche inserti veloci con cartoni animati, materiale d'archivio e inedito, attribuendo così un taglio ironico che contribuisce ad alleggerire la visione.
In conclusione, siamo di fronte al ritratto di un uomo fragile, vittima di egocentrismo e contraddizioni, ma anche un uomo che credeva di poter cambiare il mondo con la sua musica, di poter fare qualcosa per gli altri ("senza gli altri non siamo niente" dice nel film...). Quanto al musicista: un artista che ha saputo meravigliosamente assorbire e rielaborare istintivamente stili provenienti da ogni parte del mondo (reggae, folk, rockabilly, bhangra...).
L'ultimo grande eroe del rock'n'roll. Ma pare che il rock'n'roll non abbia piu' bisogno di eroi. Anzi, rettifico: eroi ce ne sono ancora, anche se ora hanno il volto di Pete "mandrillo-junkie" Doherty; qualcosa però mi suggerisce che i suoi ideali sono "leggermente" diversi da quelli di Strummer. Meglio non pensarci, và.

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