Regia di Wilma Labate vedi scheda film
Non sarà Ken Loach, ma rimane un discreto tentativo nel mare stagnante della nostra cinematografia. Certo riduce all'osso il contesto storico, per cui o si conosce la cronaca di quegli anni e di quell'episodio, oppure ci si ferma al triangolo amoroso in salsa melodrammatica, il che è sinceramente poco. Tuttavia sarebbe stato produttivo fare altrimenti? E' forse ora di chiedere di più allo spettatore italiano, vale a dire che, se interessato a una pellicola, anche prima di vederla si documenti un poco, se necessario: credo che all'estero funzioni già così. I protagonisti, a mio avviso, sono bravi e l'accettatura sugli stereotipi non è poi così pregnante. Lo scontro idealtipico, se c'è, non è fra il povero "terrone" che sgobba e il cinico "polentone" che lo dirige, bensì fra un genere umano che accetta e ricerca le concessioni ed uno che lotta per conquistarle sul campo. Una scelta di autonomia che la regista spalma sia sulle vicende amorose, sia su quelle lavorative, sia su quelle politiche, fendendo trasversalmente il mondo dei settentrionali (interessante lo scontro di vedute tra i dirigenti FIAT riguardo il taglio occupazionale) e quello dei meridionali. Sinceramente forzato il ruolo del caso, con ben tre incontri casuali fra i due amanti elettivi, ma trombati dalla società: è cinema e lo si perdona. Spero insomma che non sia un'eccezione e che, fra una commedia scorreggiona ed una pseudo-sociologica, rimanga spazio per tentativi come questo. Magari senza dover per forza raccontare l'Italia ad almeno trenta anni di distanza.
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