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Caos calmo

Regia di Antonello Grimaldi vedi scheda film

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La recensione su Caos calmo

di mc 5
8 stelle

Poteva essere (per usare il linguaggio del mitico Kekkoz sul suo celebre blog "Friday Prejudice") un eccellente "film italiano da deridere della settimana". E invece è proprio un bel film, che sta convincendo quasi tutta la critica e, quanto al pubblico, è lecito aspettarsi un discreto risultato vista anche la notevole promozione e la quantità di chiacchiere che ne hanno preceduto l'uscita nelle sale. E' un film toccante, che ci dovrebbe riguardare un pò tutti, perchè va a colpire una zona d'ombra comune a tutti, molto intima e nascosta: quella del dolore che deriva da una perdita di una persona cara e dei meccanismi bizzarri, insondabili, incontrollabili, profondi, che muovono le potenziali reazioni alla perdita stessa. Moretti, è bene ricordarlo, non nasce come attore, diciamo che ogni volta "ci prova"...E mi vengono in mente due suoi colleghi (è solo un riferimento, nessuno si scandalizzi per l'accostamento) che hanno compiuto analoghe esperienze: Woody Allen e John Cassavetes, anche se di improprio c'è che i due Maestri citati sono comunque molto piu' "attori" di quanto non lo sia Nanni, il quale in questa veste è ogni volta "in prestito", anche perchè pare incarnare sempre lo stesso personaggio, proprio perchè dell'attore non possiede le risorse tecniche e certe finezze, e quella sua faccia "un pò così" nemmeno lo aiuta poi tanto. Eppure se pensiamo a certe sue performances (tipo "Il caimano" o "Il portaborse") possiamo affermare che tutto sommato se la cava piuttosto bene. Prendiamo questo "Caos calmo" in cui appare anche in veste di co-sceneggiatore: dà vita a questo uomo piegato dal dolore per l'improvvisa morte della moglie e che proietta sulla figlia tutta la sua ragione di esistere; è un ruolo molto intenso, in cui Nanni riesce -e credo sarebbe stato impegnativo anche per un attore professionista e navigato- ad esprimere le molteplici sfumature di questo dolore e soprattutto questo percorso consapevole nello straniarsi da tutto ciò che ha intorno all'infuori della sua bambina e del suo dolore. E qui bisognerebbe aprire una parentesi, ma sarebbe troppo complicato (bisogna vedere il film) per spiegare come questo dolore abbia qualcosa di "ambiguo", di "sospeso", in quanto i legami fra lui e la moglie in vita si scopre che erano piuttosto "indefiniti". Infatti lui in un primo tempo raccoglie indizi su risvolti che gli erano ignoti circa il quotidiano della moglie, ma poi realizza che è una scelta sbagliata, preferisce azzerare ogni ricerca in questo senso e dedicare ogni energìa a come re-impostare la propria esistenza. L'evento luttuoso ha l'effetto di scardinare la sua visione del presente, di indurlo ad un riposizionamento pressochè totale, ad un ridimensionamento dei propri valori. Il rapporto che lo lega alla sua bambina è tenerissimo e commovente: e bisogna dire che la piccola attrice è adorabile nella sua semplicità e nella sua dolcissima normalità. Ho provato tanta tenerezza di fronte a quella scena insistita di lei che saluta il padre dalla finestra della scuola (ma io non faccio testo, dato che -come ho detto altre volte- mi commuovo facilmente al cinema). Intorno a questo lutto ed ai suoi effetti, ci sono poi altri personaggi e altre situazioni che però finiscono tutte per essere "convogliate" (e "rappresentate") in quella sorta di palcoscenico che diventa questo piccolo parco-giardinetto davanti alla scuola. Dunque c'è un fratello del protagonista (un Alessandro Gassman in forma sorprendente), c'è una donna misteriosa (Isabella Ferrari) che Moretti aveva salvato dall'annegamento in mare, c'è una cognata (Valeria Golino) molto instabile e "scombinata", ci sono alcuni managers in conflitto fra loro per via di scelte di gestione aziendale e che vorrebbero coinvolgere (senza successo) Moretti in questi problemi. Ma poi il film è arricchito da "figurine" minori, magari piccolissime, ma comunque molto indovinate, tipo il dolcissimo ragazzo disabile che attraversa il parco assieme alla madre sorridente, oppure la (sfolgorante!!) bellezza di Kasia Smutniak (fa strano vederla indossare, ad un certo punto, una t-shirt degli Who!). Per non parlare poi (e infatti non ne svelerò l'identità) di un cammeo finale, brevissimo ma molto illustre. Insomma: se i detrattori "a prescindere" prospettavano un'opera fortemente minimale (nell'accezione spregiativa) sono serviti. E zittiti. Accennavo all'inizio ai limiti del Moretti-attore. Qui dobbiamo registrare qualche (positiva) novità, perchè stavolta non è il solito Moretti, o almeno non del tutto. Nanni per la prima volta esce dai suoi abituali contorni definiti, osa, si mette davvero in gioco,
si espone, con risultati certo non sconvolgenti ma che comunque in parte sorprendono. E' chiaro che questo discorso ci porta, inevitabilmente, a quella sequenza di sesso che -nelle chiacchiere pre-uscita del film- ha dominato alla grande sui media. Beh, è una normale scena di sesso che, per quanto all'acqua di rose -pare- rispetto al romanzo di Veronesi, è comunque prolungata e "partecipata"; anche se -ma questo era ovvio- la Ferrari appare molto piu' "navigata" in una situazione del genere. Il senso principale del film passa attraverso la scelta del protagonista di (detto banalmente) prendersi una PAUSA. Cogliendo l'occasione dell'evento luttuoso scoprire la possibiltà di guardare la propria esistenza in una prospettiva diversa. Anzichè isolarsi nel proprio privilegio (non dimentichiamo che nel film Moretti è un manager in ascesa) ridimensionare quei valori di carriera professionale che avevano impedito -fino a quel momento- al protagonista di ASCOLTARE. Ascoltare sè stesso e gli altri. Sembrano cose banali ma in realtà non lo sono affatto e potrebbero riguardare anche qualcuno di noi. Indipendentemente dalla riuscita del film (che comunque è un bel film) vorrei concludere esprimendo la mia stima a Nanni Moretti perchè non si esime, al di là della sua fama che lo ha incasellato come regista "intellettuale", dal compiere incursioni in terreni rischiosi che non gli sono propri. Artisticamente, come ha fatto in questo film. Civilmente e politicamente, come fece qualche anno fa quando decise di dare un vivace contributo personale di idee ad un mondo politico ristagnante.
PS: se questa recensione fosse un articolo di giornale, il titolo lo avrei già pronto: "Il parco degli abbracci". Chi ha visto il film capirà.

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