Espandi menu
cerca
Il petroliere

Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film

Recensioni

L'autore

ROTOTOM

ROTOTOM

Iscritto dal 15 ottobre 2004 Vai al suo profilo
  • Seguaci 116
  • Post 22
  • Recensioni 559
  • Playlist 311
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Il petroliere

di ROTOTOM
8 stelle

Seminale. Nascita di una nazione, la seconda nascita dopo Griffith. Se nel film del 1915 la contrapposizione era tra nord e sud, elementi geografici che esprimevano sentimenti opposti dal punto di vista sociale, nel film di Anderson si delineano pesantemente le condizioni che porteranno gli Stati Uniti ad essere la potenza che è tutt’ora. Il potere del denaro, il sentimento di possesso e la proprietà privata, la fede. Oggetti espressi nella fisicità di chi li esprime fino a divenire fisicamente, essi stessi, idoli di da innalzare a dogmi, postulati piantati nella terra come colonne che sosterranno il futuro peso economico e sociale della nazione. Pulsante. Daniel Plainwiew affonda nella terra, la penetra e la violenta con le mani e le braccia, cerca argento e invece affonda nella melma nera. La percuote con i pozzi e la fa schizzare come un simulacro di orgasmo, quello che egli delega alla sua amata terra bruna poiché incapace di provare empatia per qualsiasi essere umano. Sotto la crosta pulsa la linfa che genera potere e al quale tutto si sacrifica. La carne e il sangue, il figlio e la vita tutta. Un cuore che pompa potere a disposizione di chi sia disposto a donare il proprio, di cuore, alla causa, alla propria causa che nel grande embrione di liberismo americano diventa la causa dell’America tutta. Accecante. Come le fiamme che si levano dai pozzi urlanti, fiamme che sgorgano direttamente dall’ inferno e che illuminano la via della dannazione come unica strada verso il successo. Come le parole che Il Pastore Eli Sundey/ Paul Dano usa nei suoi sermoni per guidare le sue pecorelle private verso il paradiso, il proprio paradiso che nel grande embrione di società americana senza guida, diventa guida dell’America tutta. Ronzante. La musica, il ronzio che rimane nelle orecchie dopo un ‘esplosione, musica aliena che proviene dall’abisso sconosciuto dell’animo umano, quello che sgorga nero come petrolio a ricoprire con il suo mantello le proprietà vinte e possedute.Sesso. Natura maschile, le donne non compaiono o se lo fanno lo fanno timidamente, come sfondo. La società sembra mossa non alla procreazione ma all’estrazione, alla brutalità maschia del penetratore, l’unica donna è la terra. Nessuna interazione con il sesso femminile, nessuna concessione se non un timido matrimonio mostrato come bizzarrìa. Misoginia di un uomo ritorto dentro sé stesso, secco, sterile di umori, di vita.
E’ un grandissimo film, il Petroliere, parabola quasi di stampo biblico sulla dannazione senza redenzione. I sette peccati capitali riuniti in un unico portatore sano, figlio di quella terra che l’ha vomitato sporco sudato e ferito nel primo splendido quarto d’ora del film, in cui i rumori del piccone sulla roccia sostituiscono le parole, le scintille sono l’unica luce, il vento l’unica musica. Campi lunghi descrivono l’orizzonte come limite alle possibilità dei coloni, della ricchezza che si nasconde sotto i loro piedi. L’America fino ad allora, il 1898 era stata solo guardata, gentilmente sfiorata, rispettata. Daniel Planinwiew la sventra, la perfora in violenti coiti meccanici, la possiede. E’ amore quasi, un amore astratto e furibondo, mediato da un lirismo narrativo miracoloso. Lo spirito dell’America moderna abita il corpo sghembo di Plainwiew, posseduto dal demone egli non conosce pietà, accondiscendenza, empatia, amore nessuno dei sentimenti umani lo abita, egli è la Trivella, il mezzo e il fine riuniti, egli è il Film stesso. Non a caso la camera di Anderson lo segue e lo mette a fuoco sempre più, (co)stringendo fuori campo ad uno ad uno tutti i comprimari, chiudendo l’inquadratura sulla performance di Daniel Day Lewis, giustamente premiata con l’Oscar, chiude idealmente ogni possibilità di salvezza, pregiudicandola anche agli altri: il figlio adottivo usato e gettato una volta “rotto”, la comunità stritolata dalla sua avidità, il pastore Sunday mosso dalle medesime pulsioni e che prova a passare per altre vie per soddisfare la propria brama di potere, ma che finirà ammazzato. “ Ci sarà il sangue”, dice il titolo originale. Il battesimo di quella terra con il sangue dell’ipocrisia, dell’interesse , della vittoria come ragione di vita, ritratto in un finale brutale, secco e coerentemente irrisolto, con il personaggio principale ritratto di spalle a sancire una fine che in realtà è un inizio, un parto dolorosissimo della nascita di una nazione.
Oltre a Daniel Day Lewis, premio Oscar per la profonda evocativa fotografia e nomination per un enorme e mellifluo Paul Dano, giovane attore di rara sensibilità recitativa che dà corpo ad un antagonista, il pastore Sunday, che resta impresso nella memoria e “cresce” nel tempo, donando un rilevante spessore ed un’anima nera ad una pellicola già di per sè profonda. Come il petrolio, appunto.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati