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Johnny Stecchino

Regia di Roberto Benigni vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Johnny Stecchino

di AndrewTelevision01
9 stelle

La serie degli equivoci fatta Benigni: sicuramente una delle commedie migliori degli ultimi vent'anni quella del regista ed interprete toscano, allora uscito dall'ultimo gioiello di Fellini ("La Voce Della Luna"), quale aveva riconosciuto in lui, assieme a Paolo Villaggio, un'incompresa capacità comica. Questa pellicola, quinta diretta da Benini, risalta il fascino della contemporaneità d'inizio anni 90', della sua cultura, del suo linguaggio, del suo spessore, del suo realismo, ma anche della semplicità di narrare una storia complessa per quanto riguarda la struttura dei personaggi, che vengono coinvolti in essa appunto per un equivoco. Negli ultimi anni, questa cosiddetta commedia degli equivoci si é rovinata con l'avvento dei cinepanettoni, portatori di distruzione di massa nei film comici americani (da me considerati inesistenti), e a me dispiace perché un'idea interessante proposta da un, allora, emergente Benigni poteva incuriosire più gente, portandola alla realizzazione di trama più strutturate, e non banali come oggi ricordiamo.

Un conducente di autobus per disabili di nome Dante Ceccarini (Roberto Benigni), reduce di un'improvviso vuoto nel socializzare, conosce in un incidente una donna, dalla apparente bellezza, di nome Maria (Nicoletta Braschi). Lei sembra essersi innamorata, ma in realtà si rende conto della somiglianza di Dante con un noto boss mafioso siciliano (pentito) di nome Johnny Stecchino, tutt'ora nascosto a Palermo. Passano i giorni e lei comincia a conoscerlo: gli mette uno stecchino in bocca e lo chiama Johnny. Passano i giorni e lei scompare, ma un invito (che arriva a Dante), invita quest'ultimo a partire per la Sicilia, dove incontrerà lo zio (Paolo Bonacelli), quale lo condurrà nell'albergo dove verrà ospitato. Una storia che riassume uno dei migliori film italiani mai realizzati: per i tempi comici, per le battute, per la straordinaria simpatia che Benigni da al pubblico interpretando un siciliano pentito (e nonostante lo stereotipo potesse turbare qualcuno, Benigni riesce a renderlo più divertente che mai). In questo film abbiamo tre grandi personalità: Turi Scalia, quale interpreta il timido ma vendicativo avvocato Cataratta, lo zio, interpretato da Paolo Bonacelli, che interpreta un drogato che riempie i suoi discorsi con "in buona sostanza", riferito alla cocaina che si prende giornalmente e infine il dr. Randazzo, interpretato da un emergente Ivano Marescotti, che in poco tempo verrà chiamato persino a partecipare in film di successo come "Hannibal" di Ridley Scott. Sarò io che ormai mi ci sono fissato, ma la scena iniziale mi ricorda l'inizio de "La Voce Della Luna", quando Benigni, sotto le vesti di Ivo Salvini, va a spiare una donna che si mette in nudo davanti a dei ragazzi. Non so, mi da quel senso di citazione dovuta, ma ricordiamo anche gli omaggi al personaggio di Charlie Chaplin, o anche ai Fratelli Marx e Totò. Nonostante la sua scarsa recitazione, ho un pelino apprezzato la Braschi.

Un film che va onorato per quel che é: un pezzo di storia della commedia farseca all'italiana.

9.

 

 

 

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