Espandi menu
cerca
Johnny Guitar

Regia di Nicholas Ray vedi scheda film

Recensioni

L'autore

kotrab

kotrab

Iscritto dal 1 gennaio 2004 Vai al suo profilo
  • Seguaci 159
  • Post 21
  • Recensioni 1559
  • Playlist 33
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Johnny Guitar

di kotrab
10 stelle

Johnny Guitar è un emblema non di un genere, ma della contraddizione apparente, ossia il paradosso. Con questo splendido film N. Ray (al secolo Raymond Nicholas Kienzle) reinventa il genere storico e sacro del passato americano proiettandolo e filtrandolo con un immaginario che guarda al futuro: l'uso creativo del colore del limitato sistema Trucolor permette una esplosione di macchie accese che, se da una parte hanno un carattere "fauve", dall'altra sono già pop art ma dal carattere a volte quasi surreale.

E non è neppure, la storia, tipicamente e assolutamente western: questo corpo estraneo, che tratta appunto di corpi estranei, si concentra su temi e comportamenti che, pur calati in un particolare contesto perfettamente calzante, sono estendibili nel tempo e nello spazio. La vicenda della persecuzione, della caccia e dello sradicamento dell'intralcio e del pericolo (anche solo presunto o costruito dalle proprie paure inconscie o volutamente occultate) sono tanto in generale umanamente concepibili, quanto metaforicamente riconducibili ad un altro contesto particolare, l'attualità del periodo in cui è stato girato il film, quello delle purghe hollywoodiane e del maccartismo (da cui però lo stesso Ray riuscì a salvarsi). Una persecuzione che, nel caso del film, si svolge in modo ancora una volta anomalo, ossia da parte di una donna nei confronti di un'altra (Emma, una indiavolata ed erinnica M. McCambridge, contro Vienna, una decisa ma anche tormentata J. Crawford, un personaggio che pare una influenza e un omaggio a La fanciulla del West di Giacomo Puccini, opera del 1910), entrambe maschiacce in capo ad un branco di uomini più o meno bambineschi o sottomessi, manipolati o meschini, pavidi o impotenti, dove però non mancano esempi di coraggio, di onestà e di riscatto, in una società dove la legge è ostacolata dagli odi e dagli interessi particolari dei proprietari terrieri (o i rivali in genere), dalle fobie usate come arma, ideali comuni piegati e sfruttati da drammi interiori che offuscano il buon senso e lasciano parlare solo l'odio, ingigantendo l'errore, che magari ci può pure essere, in pretesto gratuito e ignobile quando le circostanze possono favorire uno stravolgimento dei fatti.

La contraddizione apparente però sta soprattutto nello stile del film e nella sua forma: una materia passionale, una tragedia sconvolta da amori apparentemente sopiti, che cercano di ingannarsi tramite una retorica verbale contraddittoria, quasi masochistica e sadica (i dialoghi tra Vienna e Johnny), in cui si riscontra il comune denominatore psicanalitico del film, una materia estremamente romantica che però, oltre ad avere matrici classiche quasi da teatro greco, è contrastato (altro conflitto) da una regia e una sceneggiatura (Philip Yordan) cristalline e lineari. Eppure, ancora, all'interno di questo stesso stile calibrato, si trovano un montaggio che è sia frammentato che fluido grazie ai movimenti di una mdp danzante tra i personaggi, a loro volta distribuiti in inquadrature studiate e dal sapore quasi teatrale, pur dissimulando la teatralità; poi ancora, come detto, l'uso aggressivo del colore o l'intrusione di costumi eleganti e raffinati prima di un linciaggio, al pianoforte in un saloon, mentre risuona il tema straziante di Victor Young, simbolo di un amore viscerale e del travaglio degli ostacoli dispiegati dal destino, il tutto in scenografie essenziali ma quasi visionarie (il detto saloon e la cascata che nasconde un "altro mondo"); c'è dramma ma anche ironia (come quando Johnny [S. Hayden] dice a Vienna che sembra di portare una lanterna, poco prima che il fuoco ne incendi davvero il vestito bianco).

Queste forze oppositive però, nelle vere opere d'arte, non hanno risultato zero, ma al contrario fanno scaturire un costante fremito di vita, sempre in contatto con la morte, non c'è annullamento ma creatività, tensioni che si incarnano in archetipi oppositivi ben definiti, eppure non banali e convenzionali, ma carichi di forza e che possono solo risolversi nel confronto diretto, nel duello tra donne, l'unica via di uscita.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati