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1408

Regia di Mikael Håfström vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su 1408

di Indy68
8 stelle

‘Quante persone hanno dormito in quel letto prima di te? Quante di loro erano malate? Quante di loro sono impazzite? Quante di loro sono morte?’ (Mike Enslin)
Nella stessa stagione cinematografica in cui è uscito ‘The Mist’, è arrivata sullo schermo un’altra, tutto sommato riuscita, trasposizione da Stephen King. Stavolta, il testo di partenza è un racconto breve. ‘1408’ novella su una camera d’albergo infestata dal male, nata come abbozzo, a mostrare come si sviluppa un racconto, da inserire nel suo saggio sulla scrittura ‘On Writing’. L’Autore presentandolo nella versione finita contenuta nella raccolta ‘Tutto è fatidico’ spiega che la storia gli era piaciuta tanto da volerla, una volta iniziata, portare a compiutezza. La stesura finale, comunque stringata (una quarantina di pagine) impone agli sceneggiatori - Matt Greenberg ‘(Il Regno del Fuoco’), Scott Alexander e Larry Karaszewski (‘Man on the moon’, Larry Flint’, ‘Ed Wood’) - una fatica diversa rispetto a quella che, di solito, il responsabile dell’adattamento deve affrontare quando si tratta di tradurre per lo schermo uno scritto di Stephen King: la necessità stavolta non è di tagliare il contenuto (di solito sovrabbondante per una pellicola di circa 2 ore) ma piuttosto di rimpolpare con ulteriori elementi narrativi per raggiungere un minutaggio sufficiente e per integrare lo scarno svolgimento. Viene così costruito un ampio prologo  (il primo atto del film) che ha lo scopo di arricchire l’identità del personaggio protagonista, lo scrittore Michael Enslin (incarnato dal sempre bravissimo John Cusack); oltre a ‘ringiovanirlo’, facendolo andare in surf, gli viene attribuito un traumatico e doloroso lutto passato (la perdita della amata figlia, ancora bambina, ed il conseguente naufragio del matrimonio) che getta una luce diversa (rispetto alla pagina scritta) sulle motivazioni che lo spingono a scrivere libri sui luoghi che si presumono infestati dai fantasmi: Mike Enslin non scrive storie di spettri per semplici ragioni alimentari, è un’anima tormentata dal dolore che - pare suggerire larvatamente il film - cerca (senza neppure ammetterlo con sé stesso) le prove dell’esistenza della vita dopo la morte, probabilmente per creare una sorta di connessione ultraterrena con l’amata bambina, o forse semplicemente per concedersi una speranza che Lei non esista oramai soltanto nei suoi strazianti ricordi; ma d’altro canto i ripetuti vani tentativi di incontrare un fantasma, hanno acuito il disincanto ed il cinismo. E l’uomo vive annegando in una condizione di amara solitudine.
Rispetto a tanta produzione, ricca di sottotesti e valenze, dello scrittore di Bangor, il racconto ispiratore è soltanto un semplice divertissement, una variante di un classico tòpos della letteratura gotica (e poi cinematografia horror), ovvero ‘la casa stregata’. Non ci sono simbologie, metafore o significati particolari, giusto l’intento di spaventare e di divertire chi ama spaventarsi. Ed alla fine, il cuore dello ‘spettacolo’ sta nel duello che si consumerà tra l’uomo ed il male puro; il teatro dello scontro: la stanza 1408 del Dolphin Hotel a New York.
Ruolo chiave quello di Samuel L. Jackson (impeccabile presenza iconica) nella parte di Mr. Olin, direttore dell’albergo, che proverà in tutti i modi a dissuadere lo scrittore dal suo proposito di trascorrere una notte nella famigerata camera. Lo scambio di battute, che riprende il testo originale, è efficacissimo nel creare un’atmosfera di tensione e di minaccia incombente. Però come un riluttante Caronte, il direttore alla fine sconfitto dall'ostinazione del suo ospite, accompagnerà suo malgrado, il determinato ricercatore alle soglie dell’inferno che l’attende.
Il confronto tra Enslin e l’entità malvagia che infesta la stanza dapprima comincia con un gioco al gatto col topo ma via via assume contorni sempre più drammatici e spaventosi, lo scrittore dovrà confrontarsi con i propri incubi, le proprie paure e con tutto il dolore e lo strazio che è stato provocato in quel luogo. Il male farà di tutto per sopraffarlo senza risparmiargli i colpi più bassi e impietosi: come in un baracconesco, crudele e spietato tunnel dell’orrore, l’uomo sperimenterà, contro ogni logica, esperienze pericolose, scioccanti e angosciose che metteranno a repentaglio la sua vita. Che è esattamente ciò che l’entità pretende.
Il regista Mikael Håfström (‘Drowning ghost’) padroneggia bene il materiale a disposizione, dimostra di conoscere le regole del genere e con senso del ritmo regala suspense e qualche piacevole sussulto.
Del cast restano da ricordare Mary McCormack nella parte dell’ex moglie, ancora legata al marito, presenza benevola, rassicurante ed unica speranza per il protagonista, e Tony Shalhoub che fa un’apparizione fugace nelle vesti dell’agente letterario di Enslin.
Quindi, da un breve racconto ‘minore’, un film dignitoso, accurato, senza particolari pretese autoriali che raggiunge l’intento prefisso. Da apprezzare perché si iscrive nella tradizione dell’horror classico, in controtendenza rispetto alle preponderanti derive del genere: vedi il filone tanto in voga, ma anodino, del torture-porno, come pure la sequela di slasher adolescenziali oramai stancamente ripetitivi. Voto 7.
Le versioni del film: attenzione SPOILER, la versione recensita è quella divenuta ufficiale, uscita nelle sale e nella versione dvd/blu ray italiana; la versione dvd/blu ray statunitense contiene un finale alternativo, bocciato, per fortuna, negli screen test che vede lo spirito del defunto Enslin, morto nell’incendio della stanza, chiamato a ricongiungersi all’anima della defunta figlia. Da preferire il finale ufficiale non solo perchè è più fedele al finale del racconto, ma anche perché più coerente: nel film, non si vedono mai dei veri fantasmi o spiriti, le voci e le visioni di persone morte nella stanza così come della figlia defunta sono evocazioni del male per confondere e tormentare Enslin, come gli aveva anticipato il direttore Olin. Il mostrare degli spettri, alla fine, confonderebbe le carte: la stanza non è un varco sull’aldilà bensì una sorta di polo di attrazione di un’energia malvagia (sappiamo che nell’Universo Kinghiano esistono diversi luoghi che sono veri e propri centri gravitazionali delle forze opposte – bene e male- in perenne conflitto) fine SPOILER.
‘È una fottutissima camera del male’ (Mr. Olin)

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