Espandi menu
cerca
Away from Her. Lontano da lei

Regia di Sarah Polley vedi scheda film

Recensioni

L'autore

mc 5

mc 5

Iscritto dal 9 settembre 2006 Vai al suo profilo
  • Seguaci 119
  • Post 1
  • Recensioni 1059
  • Playlist 57
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Away from Her. Lontano da lei

di mc 5
8 stelle

Sarà anche una coincidenza ma le nostre sale non sono mai state popolate come in questo momento da tanti film che trattano i temi dell'elaborazione della morte e dell'impatto con la malattia grave ed irreversibile. E si sa che quando un regista o uno sceneggiatore si trovano ad affrontare soggetti del genere quasi sempre si lasciano prendere la mano scadendo sappiamo bene in quale direzione. In questo senso dobbiamo quasi gridare al miracolo per come Sarah Polley ha diretto questa pellicola, caratterizzandola con un equilibrio ed un tocco misurato di sensibilità davvero encomiabili. E da sottolineare che a mostrare tanta accortezza, pur trattando di temi collegati all'universo senile, è una ragazza di 29 anni. Anche se poi va detto che la Polley, sebbene al debutto in veste di regista, vanta già un curriculum d'attrice notevole e qualificato: l'avevamo vista in "Dawn of the dead", ma ha recitato brillantemente anche per gente come Wenders, Cronenberg, Terry Gilliam, Kathrin Bigelow, Isabel Coixet e ("Il dolce domani") per Atom Egoyan, il quale, detto per inciso, appare accreditato nei titoli di testa come produttore esecutivo di questo "Away from her". Ho detto che la pellicola è diretta con mano sapiente ed equilibrata senza ricattare lo spettatore, eppure io mi sono commosso parecchio, perchè la storia narrata è oggettivamente di quelle che colpiscono duramente al cuore, proprio per le tematiche che attengono al decadimento della mente e del corpo, alla difficile gestione di questa perdita di controllo di sè da parte dell'essere umano in età avanzata, dei conseguenti riflessi sulla affettività e sulla sessualità, insomma temi profondamente umani e spesso dolorosi. I due protagonisti, Fiona e Grant, dopo 45 anni di felice matrimonio, avvertono -da parte di lei- i primi chiari segnali dell'avvicinarsi del morbo di Alzheimer; la prendono tutto sommato serenamente e con razionalità, scegliendo una casa di cura: anche se dei due quello piu' spaventato è lui, forse perchè non è pronto a questa "novità". Forse non è opportuno farlo, ma voglio dire che ho pensato all'esperienza fatta personalmente con mio padre poche settimane prima della sua morte, quando lo accompagnai dal geriatra: le domande (banalissime) che gli vennero fatte sono le stesse formulate a Fiona per misurarne il grado di avanzamento della malattia, prima del ricovero nell'istituto. Quello che del film piu' mi ha impressionato e commosso è il senso di fragilità e di vulnerabilità di questa donna, quei suoi indimenticabili occhi smarriti, quella sua calma apparente, e tutto ciò fa da contraltare al tormento (sopportato con trattenuta dignità) del marito, massacrato dall'impotenza nei confronti di quest'evento irreversibile. E noi tendiamo ad identificarci nel dolore di lui, che cerca una via d'uscita nei ricordi. Quel volto di ragazza (che ricorre ripetutamente a mò di flashback) appartiene ad un passato lontano e testimonia che la vita quella coppia l'ha comunque vissuta assaporandone intensamente il frutto piu' dolce, quello dell'Amore. E questo è un patrimonio che nessuna malattia potrà mai cancellare. Ma l'inquietudine del marito è destinata a subire un ulteriore durissimo colpo quando deve fare i conti con una scoperta del tutto inattesa. Dopo un mese dal ricovero, la moglie si "attacca" affettivamente ad un altro degente dell'istituto di cura e (sempre per effetto del progredire del morbo) tende ad evitare i contatti col marito che la va a trovare ogni giorno, sempre piu' sgomento. Qui bisogna dire che la sceneggiatura ha lavorato molto bene per raccontare gli effetti sulla mente dell'uomo, questo suo iniziale non riuscire a capacitarsi di una cosa così assurda, per poi "assimilare" anche questa realtà. E in effetti nessuno di noi è mai pronto (e qui mi ricollego di nuovo al mio caso personale con mio padre) di fronte ad una persona cara che, preda di una malattia incontrollabile, progressivamente degenera nel proprio rapporto con la realtà quotidiana. E ci si spezza il cuore non riconoscendo piu' in quella persona colui/colei che abbiamo amato per tutta una vita; è straziante vederlo/a magari irriconoscente di fronte alle nostre attenzioni. Il protagonista del film compie un difficile cammino attraverso il dolore alla ricerca di risposte che fatalmente non troverà. Il solo sollievo, peraltro accompagnato da un senso di composta malinconìa, è dato da quella immagine ricorrente di giovane ragazza che sorride. Penso che due aggettivi possano sintetizzare questo film: struggente e sobrio. In altri termini, commuove senza ricattare, missione quasi impossibile che è riuscita benissimo alla Polley, dalla quale però ora ci aspettiamo grandi cose. Segnalo una piccola sequenza, brevissima ma geniale, con un dialogo quasi surreale fra il protagonista e una ragazzina dall'estetica punk. A proposito di Sarah Polley, ho fatto un giro su YouTube e ho trovato diverse interviste che me ne hanno restituto un'immagine oltre che di artista intelligente, anche di una ragazza adorabile. E adesso lasciatemi dire, anzi GRIDARE (!) un concetto che mi è venuto in mente in questo preciso istante. Si è celebrata un paio di giorni fa la ricorrenza di San Valentino che, lo sappiamo benissimo, è ormai solo un pretesto consumistico per arricchire qualche categoria commerciale. Ebbene: QUESTO FILM è un vero inno all'Amore fra due persone, fatto di sentimenti autentici e potenti, nonchè di enormi sacrifici, altro che quelle schifezze di merda che stanno vincendo in questi giorni al botteghino, le quali contengono tutte nel titolo la parola AMORE ma che in realtà hanno il sapore di un Bacio Perugina avariato, andato a male, ammuffito, benchè rivestito di un involucro scintillante. (Scusate, era solo uno sfogo). E che dire del cast? Solo che Gordon Pinsent (il marito) meritava forse anche lui una candidatura all'Oscar, tanto è perfetto in questo ruolo di uomo sull'orlo dell'abisso che lotta con estrema dignità, senza mai "sbroccare", contro un destino spietato. Quanto a Julie Christie...è una FAVOLA di donna, vien voglia di abbracciarla e stringerla forte... E chiudo con due considerazioni personali, proprio sulla Christie. 1) La notte degli Oscar è chiaro che il mio tifo sarà tutto per la meravigliosa Julie (che negli occhi -e affanculo le rughe!- ha lo stesso lampo di magìa dei tempi del "Dottor Zivago"). 2) Vedendo la sua ottima performance, ho pensato subito al destino comune che, per certi versi, se non altro anagrafici, la lega a Marianne Faithfull, entrambe splendide presenze femminili degli anni '60. Beh, di fronte a questa prova di Julie, direi proprio che Irina Palm scompare. Non c'è storia.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati