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L'ultima legione

Regia di Doug Lefler vedi scheda film

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La recensione su L'ultima legione

di Dik
3 stelle

Tratto molto liberamente dall’omonimo romanzo del 2002 di Valerio Massimo Manfredi, un mediocre film che mescola storia, guerra, avventura, buoni sentimenti e tanta, tanta ingenuità; quasi una mancanza di rispetto verso l’ottimo lavoro dello scrittore modenese. Il soggetto di Carlo Carlei, Peter Rader e Valerio Massimo Manfredi (?!?!), dà una bella “sgrossata” al lavoro di quest’ultimo (del tipo: pagina dispari sì, pari no) e comincia subito cambiando nome ai personaggi. Così, l’ufficiale Aureliano Ambrosio Ventidio diventa il comandante Aureliano Caio Antonio, l’italica Livia Prisca si trasforma nell’esotica Mira, mentre il re britannico Vortigen si ritrova ad essere un tiranno degli Angli di nome Vortgyn. Nulla rimane delle amnesie del protagonista, elemento importante nel romanzo, tali da non permettergli di ricordare il suo inquietante passato, e proprio niente resta dell’estenuante ed avventuroso viaggio da Capri alla Britannia, qui trattato alla stregua di una gita fuori porta, da una sceneggiatura (di Jez e Tom Butterworth) confusionaria e poco coerente. La regia piatta e televisiva di Lefler completa il pasticcio: basta vedere come dirige le scene d’azione e le battaglie (avvincenti e ben descritte nel libro). Comunque, i problemi a cui va incontro un film di ambientazione storica sono ben altri e la visione di questo fa sorgere dubbi legittimi ed alcune domande. Perché la pellicola è ambientata nel 460 d.C., quando basta sfogliare un qualsiasi libro di storia per scoprire che Romolo Augusto ha regnato dall’ottobre 475 d.C. al settembre 476 d.C.? Come mai la corte imperiale è a Roma, se dal 402 d.C. la capitale era Ravenna e l’Urbe, già dalla fine del III secolo d.C., aveva perso il suo ruolo centrale in favore di Milano? Per quale motivo Odoacre è descritto come re dei Goti, quando è sempre stato sovrano degli Eruli? Queste sono solo una piccola parte delle cose che non tornano, ma la richiesta più pressante rimane un’altra: perché Manfredi non ha mandato a quel paese il produttore e tutto l’entourage, permettendo che scrivessero il suo nome ed avallando, di fatto, lo scempio della sua opera? Purtroppo non c’è nulla da meravigliarsi quando a pagare sono gli statunitensi (o in larga parte, come in questo caso). E’ sempre successo [da “La tunica (1953) di Henry Koster, al non ultimo “Il gladiatore” (2000) di Ridley Scott]: la Storia la riscrivono loro e come vogliono, quasi una reazione paranoica da parte di chi di Storia non ne ha! Eppure sarebbe bastato leggere il libro (tutte le pagine!) per non sbagliare nulla, anche perché, ancor prima di essere scrittore, Manfredi è un archeologo di fama internazionale e storico. Riguardo agli interpreti, Colin Firth ed il giovane Thomas Sangster sono completamente fuori parte, mentre il grande Ben Kingsley (Krishna Pandit Bhanji) sembra arrivato dalla trilogia de “Il Signore degli Anelli” di J.R.R. Tolkien. Bella da mozzare il fiato, Aishwarya Rai, Miss Mondo 1994, non è molto credibile come guerriera amazzone. Girato in Tunisia ed in Slovacchia con tanti effettacci digitali e con un po’ di scenografie in cartapesta (di Carmelo Agate). Musiche di Patrick Doyle.

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