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Shrek terzo

Regia di Chris Miller, Raman Hui vedi scheda film

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La recensione su Shrek terzo

di giancarlo visitilli
4 stelle

Quando Shrek è nato, per tutti si trattò di una delle più belle invenzioni dell’animazione: l’Orco che diventa buono. La destabilizzazione di tutto quello che ci avevano insegnato da bambini, le mamme, i papà e le maestre. Con il tempo l’Orco è cresciuto (per ora siamo al suo terzo “compleanno”: quanti ne dovremo festeggiare ancora?), e quasi non è più convincente, come quando qualche anno fa ci faceva tornare alla mente quel verso poetico che diceva: “dalla merda posson sfiorire le rose”.
Infatti, ormai Shrek sta diventando tutt’altro che un ripensamento al positivo di quelli che erano i nostri sogni-incubi di bambini, frutto dell’immaginazione, per cui, se già abbiamo assistito a che Geppetto denunci Pinocchio, che Peter Pan consegni Campanellino, Biancaneve sia orfana dei suoi sette nani… Adesso ci ritroviamo con Shrek desideroso solo di godersi la vita con la sua adorata Fiona. In realtà, la malattia di re Harold, suo suocero e sovrano del Regno di Molto Molto Lontano, lo pone davanti ad una prospettiva per lui terrificante: diventare Re Shrek. A questo punto la sola alternativa è convincere l’unico altro pretendente al trono, il timido Artie, ad occupare quel ruolo. L’impresa si rivela più ardua del previsto, nonostante l’aiuto dei fidati Ciuchino e Gatto con gli Stivali. A complicare le cose ci si mette Azzurro, che non accetta la sconfitta e decide di mettere a soqquadro il regno con l’aiuto di tutti i cattivi delle favole.
Sin dal primissimo Shrek, uno dei personaggi che rimarrà un classico dell’animazione di tutti i tempi sarà certamente un compagno di Shrek, il simpatico Ciuchino, il mulo parlante originariamente doppiato da Eddie Murphy (magari vederlo al cinema in lingua originale!).
In questo terzo episodio, si evidenzia maggiormente quel difetto già preannunciato nel secondo, l’eccessiva dipendenza dalla volgarità: i rutti, i peti e le “parolacce” sono l’espediente utile per far sorridere il pubblico adulto e ridere i più piccoli. Tutto ciò, nonostante il regista dei primi due episodi, Andrew Adamson, pur firmando la sceneggiatura, ha lasciato il posto alla coppia formata da Chris Miller e Raman Hui, che, forzatamente, cercano delle variazioni sul tema per una storia che rischia di caratterizzarsi, come ogni buon sequel, per la noia.
Senz’altro apprezzabile, invece, la presenza femminile nel film: Fiona e le compagne questa volta rappresentano l’elemento più importante del film, insieme all’azione di principesse che non sono poi così dolci ed indifese come la tradizione maschilista ce le ha sempre presentate. Inoltre, il film è pieno di citazioni cinematografiche e televisive, che spaziano dagli anni Settanta ad oggi.
Peccato che ormai l’odiato-amato orco sembra destinato a non tornare mai più alla beata e scorbutica solitudine della sua fetida palude, ma non per le bizzarrie delle condizioni climatiche, che ormai creano l’estinzione naturale anche degli orsi, ma perché a noi uomini piace umanizzare tutto e tutti, “animalizzando”, al contrario, sempre più noi stessi, in quanto uomini. Quindi, non ci dovremmo scandalizzare se prima o poi Shrek fosse ambientato nella casa del Grande fratello. Questa potrebbe essere la sua naturale fine, visto che oggi appare già così vecchio e stanchevole, oltre che stucchevole.
Giancarlo Visitilli

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