Regia di Ang Lee vedi scheda film
La passione che si disvela sotto i nostri occhi. Impudica e scomposta, trattenuta e poi sfrenata. Come sempre, micidiale. Melodramma raffinatissimo e raggelato, Lussuria si appoggia a un plot spionistico che riporta di continuo al conflitto tra istinto e ragion di stato. La giovanissima cinese Wong è incaricata di avvicinare e uccidere il signor Yee, collaborazionista nella Shanghai degli anni dell’occupazione giapponese. Per la Patria accetta anche di perdere “tecnicamente” la verginità grazie a un compagno di lotta, che si presta all’uopo. Lei lo fa per meglio adattare il suo corpo alla parte di amante sicura, ignara del fatto che non sarà quel sacrificio a salvarla. E neanche le sue doti di attrice in una compagnia di teatro edificante e nazionalista. L’affresco di Ang Lee riluce della preziosità della seta delle signore impegnate in interminabili partite di mahjong. Il regista di Tempesta di ghiaccio ancora una volta dispiega con classicissima narrazione una storia di ragione opposta al sentimento, di dovere che lotta contro la follia d’amore. Eppure lo fa in modo modernissimo (nonostante il titolo italiano, che evoca più il languore dei drammi alla Matarazzo), grazie a due protagonisti più veri del vero, come in Brokeback Mountain, e a una fluidità di racconto che ormai ha del classico moderno, appunto. Centellina sguardi, movimenti, fruscii di vestiti, sigarette, ingressi e uscite in una progressione drammatica che aggancia lo spettatore e lo accompagna all’inferno. Senza forzarlo, né compiacerlo, come viene il sospetto cominci a fare Wong Kar-wai. Anzi, lo fa godere, con gli occhi e con le orecchie, ogni volta che i due protagonisti si amano. Amplessi realistici, rabbiosi, che sono il succo del discorso (non ricerca di sensazionalismo). In quegli incontri sta tutto il senso del cinema irrazionale e intensamente sentimentale di Lee, uno dei pochi oggi in grado di far accadere tutto tra i dettagli, di rivestire una spy story di veemente passione. Uno per cui vale la pena piangere.
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