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Cous cous

Regia di Abdellatif Kechiche vedi scheda film

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La recensione su Cous cous

di ed wood
8 stelle

Il cinema di Kechiche è riconoscibile tra mille. E' riuscito a coniare uno stile inconfondibile, aderendo in apparenza ai canoni dell'ultra-realismo del Dogma95, in realtà espandendoli e trascendendoli. Cosa estremamente difficile, molto più che sperimentare per mezzo di un linguaggio apertamente visionario, di ascendenza espressionista o surrealista. Il cinema di Kechiche è la dimostrazione che non esiste un realismo cinematografico, bensì più "realismi". Più visioni del reale e più modi per rappresentarlo. E' suggestivo rendersi conto di come l'adesione fedele alla realtà "così com'è" porti ad esiti filmici così variegati. Ed è soprattutto una conferma della potenza del mezzo cinematografico, ovvero del fatto che, fino a quando il cinema continuerà a "sporcarsi le mani" con la realtà (cioè con la vita, con le persone, con la natura), la Settima Arte non morirà. La via al cine-realismo intrapresa da Kechiche è fondamentalmente basata su un dialogo fitto, ossessivo, sviscerante, ambiguamente in bilico fra costruzione e improvvisazione. Dal fluire caotico di questi intensi, talora estenuanti ed eccessivi, "over-lapping dialogues" (come si diceva per Hawks), emerge spontaneamente una varietà potenzialmente infinita di toni e di temi. "Cous Cous", nella sua vertiginosa girandola di grandi drammi e piccole gioie, ellissi e digressioni, problemi e soluzioni, neutralizza i poli opposti della commedia e della tragedia, alterna le beghe domestiche con il discorso socio-politico-culturale, concede spazio e tempo per i legittimi sfoghi di chi si sente escluso dal gruppo/famiglia (la giovane moglie del donnaiolo; la piacente compagna del nonno divorziato), suggerisce possibili traiettorie del desiderio, espone senza retorica i concetti di interrazialità, solidarietà, civiltà, risolve (?) con un colpo di genio (fra ironia, astuzia e pietas) il garbuglio finale, scovando (dopo Sara Forestier nella "Schivata") una nuova giovanissima anti-eroina (Hafsia Herzi). Insomma, un film ricco di tutto: sapori, musica, sguardi, corpi, lacrime. E quindi di vita: soprattutto quella sociale, vero soggetto e referente del cinema di Kechiche.

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