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Redacted

Regia di Brian De Palma vedi scheda film

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La recensione su Redacted

di FilmTv Rivista
10 stelle

Una compagnia di soldati statunitensi a Samarra, Iraq. C’è chi riprende i commilitoni con la sua videocamera e spera di entrare alla scuola di cinema. C’è l’istruito che legge Appuntamento a Samarra di John O’Hara, un avvocato che si fa domande morali; i due redneck razzisti, il sergente veterano. In attesa perenne, il gruppo presidia un posto di blocco, con occhi ben aperti sulle ritorsioni dei nativi (il campo lungo in cui qualcosa di imprevisto sta per accadere: figura prediletta dal regista). Quando uno di loro salta in aria, le teste calde si vendicano stuprando una ragazza e sterminandone la famiglia in un’incursione notturna (filmata con gli infrarossi). Le conseguenze dell’atto non tarderanno. Non potendo usare materiali originali, De Palma s’ispira a una violenza realmente accaduta (ricostruita su un set giordano), rifà Vittime di guerra e imita alla perfezione forme e generi della comunicazione odierna. L’alta definizione della camera con cui gira è termine tecnico e un paradosso, un miraggio conoscitivo. Redacted ribadisce insieme la fine del cinema e ciò che le teorie giornalistiche indicano con “opacità dell’informazione”: l’effetto di troppe immagini-notizie (redacted, “editate”) è l’annullamento dei fatti. Nel De Palma più “voyeuristico” siamo spinti a interrogarci sulla veridicità delle immagini. Qui si aggiunge l’affastellarsi di punti di vista e linguaggi a rendere clamorosa la difficoltà di discernere. Tutti possono filmare tutto. C’è un finto documentario francese, con musica barocca e voce off; le registrazioni della Sony di Salazar; le immagini della Tv araba, dei cellulari, delle videocamere di controllo, il video on line di un’esecuzione (Saddam Hussein ricorda nulla?). Il finale estremo e gelido, con E lucean le stelle a commentare i collateral damage, i danni collaterali (orrida perifrasi) è una micidiale sequenza di fotografie di vittime. Vere? False? Il dubbio è d’obbligo, e comunque non fa più differenza (e l’Iraq non è visibile quanto il Vietnam). L’accusa è lanciata, forte e chiara. Infatti il film non ha il coraggio di distribuirlo nessuno.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 11 del 2008

Autore: Raffaella Giancristofaro

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