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Il treno per il Darjeeling

Regia di Wes Anderson vedi scheda film

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La recensione su Il treno per il Darjeeling

di zombi
9 stelle

quando lo avevo visto al cinema, ricordo che forse ci dormii anche dentro. il viaggio in india dei tre fratelli alla ricerca della madre che non venne al funerale del padre/marito, è anche un viaggio ovviamente alla ricerca di qualche cosa, che di solito si va a cercare in india. i tre sono depressi per svariati motivi, e a parte per francis(wilson)che ha organizzato tutto nei minimi particolari, per gli altri invece è una sofferenza a cominciare dal dover sottostare ai dettami del maggiore. anderson ha indubbio stile e gusto. il suo amore per il vintage-folkloristico alla boule-de-neige la vince anche qui, e soprattutto(per me)in questo bazaar indiano dove tutto è al suo meraviglioso posto. lasciatisi dirigere da anderson, wilson, brody e schwartzman deambulano a caso in un'india ideale e idealizzata in cui appunto vien da dire, che "gli odori di questo paese non li scorderò mai". personaggi e famiglie un pò disfunzionali, dove i figli vengono abbandonati da colei che li ha portati al mondo e fiera si nega loro confusa dal loro bisogno ossessivo di vederla. valige, borse, bauli, trousses, una cintura, un paio di occhiali, le chiavi di una splendida porsche rossa anni 60 o 70(mica quelle tamarrate odierne) sono l'eredità di un padre morto il cui lutto è ancora in fase digestiva. pasticche, sciroppo per la tosse, rituali pasticciati tra il pagano kitsch da film di serie B, diventano il viatico per raggiungere una congiunzione con una religione sconosciuta che si affronta maldestramente coi dettami da ricordo scolastico di quella che dovrebbe essere la loro. quindi alla fine un sogno, un viaggio ricostruito sopra uno o più ricordi di sogni fatti e riuniti in 90 minuti di montato. gli attori sono meravigliosi, si adattano masochisticamente alla direzione di un regista e di sceneggiatori che paiono divertirsi un mondo nel farli recitare con un'espressione tra lo scatto ricercato di una pubblicità e l'incoscienza della non-professionalità.

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