Regia di Claude Chabrol vedi scheda film
"Chabrolismo" di modesta fattura, questo L'innocenza del peccato, che tutto si risolve già nel titolo: vuoi per la banalità della sua composizione (un ossimoro di non particolare originalità), vuoi per il riferimento esplicito alla capacità tipica del regista - e presente anche in questo film - di raccontare difetti, colpe e limiti umani di tutti i suoi personaggi. Nessuno escluso e tutti rigorosamente appartenenti agli strati sociali più alti: la tanto amata e odiata borghesia su cui Chabrol ha letteralmente costruito la propria carriera. In questo senso l'opera è inquadrabile quale "chabrolismo", ovvero lavoro di maniera; troppo facilmente riconoscibile è il marchio dell'autore, anche sceneggiatore insieme a Cécile Maistre (sua figlia, di cui peraltro nel cast tecnico è presente anche la madre Aurore-moglie del regista, in veste di script supervisor). A proposito: le musiche sono come sempre (da un bel po' di anni) curate da Matthieu (figlio) Chabrol e in una particina compare Thomas (altro figlio) Chabrol, a ricordarci che anche il grande regista tiene famiglia. Nel tris di interpreti centrali è François Berleand il più convincente, superando nettamente Ludivine Sagnier e Benoit Magimel; in un ruolo laterale c'è anche l'italiana Valeria Cavalli. Niente di nuovo neppure nello stile in crescendo della costruzione narrativa, tecnica amata dall'autore, che comincia il suo racconto in sordina per arrivare alla deflagrazione finale. 5,5/10.
Una giovane presentatrice tv e uno scrittore di trent'anni più vecchio di lei hanno una relazione segreta; lui è sposato, lei è corteggiata assiduamente da un coetaneo miliardario e vanitoso. La situazione rimane in stallo finchè la ragazza decide di sposare il corteggiatore, quasi per ripicca nei confronti dell'amante.
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