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La duchessa di Langeais

Regia di Jacques Rivette vedi scheda film

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La recensione su La duchessa di Langeais

di FilmTv Rivista
8 stelle

Inizio matarazziano. Donna sbrindellata dalla passione e dalla delusione si fa suora e si rinchiude in un convento. L'amante la trova e progetta di trascinarla fuori, per ripartire da zero. Solo che non sono "figli di nessuno", anzi. Lui è un generale dell'armata francese, eroe della Restaurazione nonché parente di Bonaparte; lei è una nobildonna parigina, duchessa di Langeais. Il loro tormento fu narrato da Balzac in un racconto lungo, ora riletto per il cinema con enorme sensibilità da Jacques Rivette insieme ai suoi due abituali sceneggiatori, Pascal Bonitzer e Christine Laurent. Un film esemplare, un testo da studiare per come è portata alle estreme conseguenze la relazione quasi intima tra libro e linguaggio cinematografico. Rivette da una parte insegue con meticolosità quasi ossessiva la fedeltà al verbo balzachiano - stesse parole, didascalie prima delle scene come a scansire e anticipare un ipotetico capitolo - dall'altra racconta tutto attraverso il piano sequenza, che teorizza da sempre come espressione specifica della settima arte. Già la Bella scontrosa si ispirava a Balzac, ma qui siamo se possibile oltre, perché il lavoro sulla fonte, e il rispetto del contesto storico, impongono un rigore filologico estraneo al film con la Béart. Non, però, un circolo vizioso e chiuso, perché sottolineando ostinatamente la ricchezza del testo originale se ne dimostra l'universalità. L'ipocrisia sociale è di allora come d'oggi; per non parlare dell'ossessione d'amore come gioco (al dominio e al massacro) delle parti, della passione come riflesso condizionato dall'egoismo. Un affresco potente e molto meno cerebrale di quel che si poteva temere. Del resto Rivette, 79 anni, come dimostra il precedente La storia di Marie e Julien sta vivendo una seconda giovinezza creativa. Splendidi gli attori, in particolare Guillaume Depardieu, menomato nel fisico (gli hanno amputato una gamba dopo un tremendo incidente di moto). L'inquadratura finale, mentre trasforma "in poema" il ricordo dell'amata, lo rende una figura dalla fragilità truffautiana (e c'è molto di Adele H., quaggiù). Coproduce Ermanno Olmi. Tutte le sequenze a Palma di Maiorca sono state girate alle isole Tremiti. A quanto pare, un set finora sottovalutato.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 29 del 2007

Autore: Mauro Gervasini

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