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La corta notte delle bambole di vetro

Regia di Aldo Lado vedi scheda film

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vincenzo carboni

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La corta notte delle bambole di vetro

di vincenzo carboni
8 stelle

‘La corta notte’ é una storia dove si intrecciano generi diversi (horror, thriller, spy story), ma si tratta solo della tessitura di una rete narrativa in grado di catturare lo spettatore per condurlo li dove il regista vuole portarlo. Dal momento in cui le luci si spengono Lado ci getta dentro l’orrore (questo sì) della Jugoslavia comunista. Barbara Bach viene rapita misteriosamente. Jean Sorel non vuole farsi una ragione della sua scomparsa. Il montaggio secondo un tempo non lineare ci conduce avanti e indietro nella storia, ci permette di vedere Sorel vittima di una morte solo apparente. Combatte per comunicare ai vivi il suo stato di veglia, ma i suoi occhi restano vuoti. Rappresentazione terribile del totalitarismo (Sorel é un giornalista americano di una agenzia di stampa che lavora a Zagabria), il film é pervaso di colori sbiaditi, polverosi, tra i quali risaltano gli occhi azzurri di Sorel e la pelle straordinariamente bianca della Bach. I vecchi notabili di regime assumono le forme grottesche di manichini morti; o forse, sì, di quei morti adagiati nei letti di famiglia,  pietosamente ma grottescamente truccati in viso per l’ultima apparizione allo spettacolo della veglia funebre. ‘La corta notte’ é un film di vampirismo, ma non dei vampiri di cui abbiamo amato la disperata e sofferta solitudine, ma di quel vampiro che Riccardo Freda ha rivisitato molto bene nel suo splendido ‘I vampiri’ del 1957: “Essere vampiro significa vivere accanto a qualcuno estremamente più giovane di noi per succhiarne, senza che lui o lei se ne avveda, il meglio: intelligenza, spirito vitale e sopratutto freschezza di idee, di sentimenti, di reazioni”. Il vampiro di Lado non é più solo, non é più disperato, ha eletto la sua condizione a ‘sistema di stato’, ora é il principe rosso (o ‘nero’ che dir si voglia) che prende la forma del burocrate, del notabile di partito, del grigio funzionario d’apparato, in una parola di colui che non ha mai vissuto, che non ha mai amato. L’assenza di desiderio prende tuttavia le forme di vizi privati che fanno da contraltare alle pubbliche virtù della rispettabilità al potere. La scena del rito orgiastico ci mostra carni spettrali abbeverarsi a quella gioventù, a quella energia che appartiene a chi é giovane. La sessualità predata é la fonte che rende vivi quei  ‘non morti’. E’ loro necessaria esattamente come per il vampiro é necessario il colore e il gusto del sangue. Ma essendo privi di un naturale sentimento, essendo irrimediabilmente vecchi, devono predare l’energia sessuale da una giovane che ne é dotata perché bella, perché vitale, perché ancora non corrotta. Era Adriano Sofri qualche tempo fa ad affermare che il conflitto oggi non é tra nord e sud, tra poveri e ricchi, ma tra chi é giovane e chi é irrimediabilmente vecchio. ‘La corta notte’ é in realtà l’icona disperata di questa lotta. Da una parte un mondo vecchio che non vuole morire, dall’altra l’immagine tenerissima di quella coppia di ragazzi che Lado ci mostra rubarsi un bacio nascosti tra gli scaffali di una biblioteca fatiscente. L’urlo finale di Ingrid Thulin con cui si conclude il film é raccapricciante. Le luci si accendono. La sala si fa vuota. Qualcuno rimane a leggere i titoli di coda. Le facce, uscendo, guardano fuori, verso il marciapiede. E’ ancora giorno, e i colori di Roma sono vividi come non li ho mai visti prima.     

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