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L'età barbarica

Regia di Denys Arcand vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'età barbarica

di jonas
8 stelle

Il titolo italiano ammicca furbescamente al precedente film di Arcand per puri motivi di marketing, ma in realtà il film conclude una trilogia la cui progressione è chiara: l’impero è in declino > arrivano i barbari > si precipita nelle tenebre. Rispetto a Il declino dell’impero americano e a Le invasioni barbariche viene meno la continuità narrativa (rimane un solo personaggio, in un ruolo secondario) e si perde la dimensione corale: ci si concentra su un nuovo protagonista, Jean-Marc, che conduce un’esistenza orrenda in un mondo mostruoso (dove tutti portano una mascherina sul volto, per filtrare l’aria contaminata da chissà quale disastro). Fa l’impiegato in un ufficio pubblico sistemato provvisoriamente (?) in un palazzetto dello sport; la moglie in carriera parla sempre al telefono e progetta di lasciarlo, le figlie passano tutto il tempo con i videogiochi. Il suo lavoro è totalmente inutile (“i vostri problemi sono troppo complicati, non possiamo aiutarvi”, dirà a un utente prima di abbandonare il posto); in compenso funzionano bene gli stupidissimi corsi di aggiornamento, il politicamente corretto ha raggiunto livelli parossistici (ronde armate vigilano sul divieto di fumare anche all’aperto, si istituiscono procedimenti disciplinari contro chi chiama “negro” un amico negro) e ci si svaga immedesimandosi in giochi di ruolo ambientati in epoca medievale. Come il Danny Kaye di Sogni proibiti (ma in modo molto meno gioioso), Jean-Marc evade dalla realtà immaginandosi un irresistibile amatore, al fianco della bionda Diane Kruger, e un uomo di successo, intervistato da una giornalista perennemente arrapata. Ma il modo giusto per uscire da questa situazione allucinata lo troverà alla fine, rinunciando alle consolazioni oniriche, accettando la propria solitudine e ripartendo dal minimo vitale.

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