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The Mourning Forest

Regia di Naomi Kawase vedi scheda film

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La recensione su The Mourning Forest

di alan smithee
7 stelle

CINEMA OLTRECONFINE

L'anziano Shigeki vive in una piccola casa di riposo poco distante da una foresta incontaminata; di lui si prende cura Machiko, una cordiale e premurosa assistente sociale. Senza esserne a conoscenza, entrambi hanno in comune la tristezza latente di una perdita affettiva che ha tolto loro la serenità.

Quando l'anziano viene coinvolto in un incidente d'auto, approfitta della confusione per dileguarsi e rifugiarsi nella foresta; la ragazza finisce per mettersi sulle tracce del vecchio, imparando da lui a trarre, dalla potenza di quella natura incontaminata e protettrice, la forza per trovare un contatto con il caro estinto.  

Come già in Shara, Naomi Kawase concentra i suoi sforzi sulle conseguenze ed i disagi intimi che la scomparsa di un proprio caro crea su chi rimane: una madre inconsolabile per la perdita del figlio ed un vedovo incapace di accettare la fine di una lunga, intensa vita coniugale, finiscono per perdersi, per poi ritrovarsi in una consapevolezza che solo il candore spudorato ed illuminante della natura riesce a dare, guidandoli alla ricerca di quella pianta che, in qualche modo, finisce per incarnare le fattezze, ma soprattutto lo spirito, del caro estinto.

La capacità della Kawase di cogliere il lirismo più puro che la natura è in grado di esprimere con la sua dirompente purezza, ed il mistero dell'anima nei recessi sperduti, affascinanti ma anche inquietanti di una foresta impenetrabile e spesso inquietante nella sua misteriosa possenza, rendono il film contemplativo e complesso dell'autrice giapponese, un viaggio affascinante nei recessi e nei misteri che conducono l'anima verso un nuovo corpo o una nuova dimensione.

Non è per nulla semplice rappresentare o raccontare una tale presa di coscienza, ma la Kawase riesce a suggerirci ed ispirarci comunque un percorso verso una consapevolezza i cui effetti rasserenanti finali ci paiono contagiosi e di fatto concreti.

Ammaliati da tanta superba bellezza di un verde che alterna colture simmetriche accurate sottoposte ad una sapiente e millimetrico controllo umano, alla sfrontata ed imponente vena artistica apparentemente casuale di madre natura, ci perdiamo con passione addentro a Mogari no mori, senza necessità di seguire fili narrativi peraltro esili e forse inesistenti, e lasciando unicamente spazio per un coinvolgimento interiore che ci renda complici dei due finalmente estatici e risolti protagonisti, verso il termine della pellicola.

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