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Luz silenciosa

Regia di Carlos Reygadas vedi scheda film

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La recensione su Luz silenciosa

di cheftony
8 stelle

Temo ci sia altro dolore che deve ancora arrivare, ma poi ci sarà la pace. E dopo ancora una felicità come non l'abbiamo mai provata.”

Questo è il periodo più triste della mia vita, Johan. Ma anche il migliore. Non rimpiango nulla.”

 

Albeggia un nuovo giorno sulle lande della regione di Chihuahua, dove risiede una comunità di mennoniti, umile e religiosa, dedita al rigore e alla quiete. La numerosa famiglia di Johan (Cornelio Wall), che dalla moglie Esther (Miriam Toews) ha avuto una mezza dozzina di figli, si riunisce come ogni mattina a tavola per la preghiera. Il tempo di rimanere solo e il pianto irrefrenabile di Johan apre uno squarcio nel suo mondo impeccabile e ieratico: diviso fra l'entusiasmo e la disperazione, Johan - che tradisce la moglie con Marianne (Maria Pankratz) – pianifica di uscire allo scoperto e superare l'impasse, confessando il suo nuovo amore agli amici e al padre (Peter Wall), pastore della comunità.

La povera Esther è da tempo al corrente della situazione, alla quale reagisce con un composto silenzio, di tanto in tanto spezzato da lacrime di mortificazione. Durante un teso e drammatico viaggio automobilistico dei due coniugi, il dolore contribuisce a creare uno scenario del tutto nuovo…

 

 

Johan, ora è in pace.”

Ora è finito tutto, papà!”

Il nemico è implacabile.”

Non è il diavolo né nessun altro, sono io.”

 

Terzo lungometraggio dell'amato/odiato Carlos Reygadas, “Luz silenciosa” si discosta radicalmente dagli indisciplinati lavori che l'hanno preceduto e seguito all'interno della filmografia dell'autore messicano. Film contemplativo, quadro in lento movimento e privo di musiche extradiegetiche, “Luz silenciosa” apre e chiude rispettivamente con un'alba e un tramonto di rara bellezza; di per sé fulminei ai Tropici, essi – ulteriormente accelerati in fase di montaggio – chiudono circolarmente un film che “gioca” di continuo con lo scorrere del tempo: le lancette spostate, l'inverno che piomba improvviso nel (fasullo) lasso di tempo di un colloquio fra Johan e il padre non sono che gli esempi più chiari, senza contare il “miracolo” finale che a tutti gli effetti riporta indietro nel tempo.

Le carrellate, lentissime e precise, su cui Reygadas impernia i suoi piani sequenza sono figlie dell'attesa del momento giusto, nel quale poter sfruttare al meglio le magie della luce naturale con l'aiuto del fidato Alexis Zabe (direttore della fotografia anche del successivo “Post Tenebras Lux”). Tanto mi basta per sostenere come la brillante perizia registica di Reygadas trovi in “Luz silenciosa” un equilibrio e una maturità rari nella sua controversa filmografia.

Nonostante alcuni decisi cambiamenti stilistici, anche in questo film nessun attore professionista viene coinvolto: i personaggi sono quasi tutti interpretati da appartenenti ad una comunità mennonita messicana, discendenti di una chiesa anabattista originaria dell'Europa Centrale e adesso sparsa in vari angoli del mondo. Tuttavia c'è un volto abbastanza noto, ovvero quello di Miriam Toews, scrittrice canadese di un certo successo e di origine mennonita. Per lei, così come per ogni altri interprete, l''attenzione viene immediatamente catturata dai particolari tratti somatici e dalla lingua impiegata (tale Plautdietsch, un dialetto prussiano giunto ai giorni nostri), ma l'intento del regista era in realtà quello di impiegare una comunità nella quale dove sono più o meno tutti pari, in modo tale da facilitare la focalizzazione sugli aspetti interiori dei personaggi. Una storia amorosa di base volutamente ordinaria, valorizzata dalla particolarità (e dall'eccellenza) della messa in scena: un merito non da poco.

 

 

Luz silenciosa” è senz'altro un film interessante e di sicuro valore, ma al contempo non immediato e in qualche modo elitario, visto l'omaggio a “Ordet” di Dreyer; se da un lato Reygadas viene definito in modo forse sbrigativo “autore da festival”, dall'altro si distingue per non voler fornire una minima guida coerente alla comprensione dei suoi film, che non sempre si salvano con la potenza espressionista delle loro immagini. Del chiacchierato “miracolo” di “Luz silenciosa” ebbe a dire:

 

L'altra donna sveglia la moglie in un atto di compassione. Cristo è morto sulla croce per noi. È lo stesso per lei. L'ha fatto per l'amore del suo uomo”.

 

Impossibile attribuire univoco significato al gesto e prevederne i risvolti, giacché la chiusura sul cielo stellato suggerisce (in modo discretamente paraculo) che alla fine nulla siamo rispetto all'Universo. Non a caso, seppur in riferimento al suo film successivo, Reygadas sottolinea:

 

Tutto può essere analizzato pensando alla vita ordinaria da un livello microscopico – intendo tu, i tuoi conflitti e quant'altro – e ovviamente possiamo anche allargare il campo e andare all'altro estremo che è il livello macroscopico, dove tu e io siamo solo polvere. E allo stesso tempo tutto quello che conosciamo siamo noi stessi e dobbiamo stare al centro di tutto. Ogni vita umana è al centro di tutto, ma alla fine siamo solo polvere. Granelli di sale, qualunque cosa, sabbia.”

 

 

Non posso che constatarne diversi meriti e sottolineare come questo film rappresenti per me il suo miglior risultato, ma la poetica dell'astro nascente Reygadas non mi convince del tutto.

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