Espandi menu
cerca
Paranoid Park

Regia di Gus Van Sant vedi scheda film

Recensioni

L'autore

mc 5

mc 5

Iscritto dal 9 settembre 2006 Vai al suo profilo
  • Seguaci 119
  • Post 1
  • Recensioni 1059
  • Playlist 57
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Paranoid Park

di mc 5
4 stelle

Sguardi muti, primissimi piani ed infiniti silenzi. Questo film che ha suscitato l'entusiasmo pressochè plebiscitario della critica a me non ha convinto. Sarà che non sono mai stato un affezionato estimatore di Gus Van Sant e del suo modo di fare cinema? Può essere. Se devo essere sincero, però, non posso negare che certe immagini possiedono un fascino indiscutibile: per esempio il giovane protagonista seduto solitario su quella panchina circondata dall'erba è una immagine forte, evocativa...e anche un certo modo di rappresentare le giovani amiche di Alex denota un proprio stile cinematografico. Ma poi c'è quella terribile sequenza dell'uomo tagliato in due, che si trascina proteso in avanti, impossibile da dimenticare. Ma è il senso dell'opera a non soddisfarmi. Quei primi piani insistiti del volto inespressivo del protagonista. Quel soffermarsi della macchina da presa ad indagare su quel volto di adolescente ha in sè qualcosa di morboso, un mix fra lo sguardo d'Autore e il voyeurismo gay. Vabbè il disagio giovanile. Vabbè il vuoto di una generazione afasica ed apatica. Vabbè la solitudine che genera incomunicabilità e viceversa. Ma sono tutti concetti risaputi: che i giovanissimi skaters non siano degli intellettuali e che comunichino a monosillabi è forse una novità? Basta andare (che so?) ad un festival rock tipo "Independent days" ed orecchiare i discorsi che i ragazzini si scambiano fra loro, per ritrovarvi, rispetto ai giovani raffigurati nel film, piu' o meno la stessa povertà di linguaggio, ideali e valori pochi quando ci sono, e un lessico imbarazzante. E che dire degli adulti rappresentati come delle specie di alieni totali rispetto ai figli? Altro concetto originalissimo, vero? Eppure la storia in sè non sarebbe male, la vicenda di un orribile segreto che tormenta il giovane protagonista. Ma è il fancazzismo dolente di costui che irrita, il suo vuoto pneumatico mentale che non regge di fronte alla pretenziosità autoriale di Van Sant. Il quale ha tirato in ballo in varie interviste "Delitto e castigo": il delitto c'è senz'altro, il castigo un pò meno, se quest'ameba imbambolata con con la tavola da skateboard sotto al braccio, alla fine poi decide di soprassedere, perchè "non è il caso". E quest'ultima scelta può essere interpretata come risultato finale di un travagliato percorso di maturazione interiore, ma anche come un bel "ma poi, chissenefrega?!". Dicevo prima di aver subìto comunque la seduzione di alcune immagini del film: io infatti non ho mai affermato che Van Sant non sa fare il suo mestiere di regista, ma è il suo stile che non trova il mio consenso. Ecco, appunto, lo "stile". Il suo cinema è forse TUTTO un esercizio di stile. Insistito. Morboso. Pretenzioso. Ma spesso anche permeato di un minimalismo che rasenta il vuoto. E tornando al "disagio giovanile": perchè -piuttosto- non realizzare un bel documentario, magari registrando le voci e gli umori dei giovani skaters?...perchè volerci ambientare una storia quando poi la storia stessa diventa solo un pretesto per evidenziare il suddetto disagio? Gabe Nevins, questo il nome del giovane protagonista; quel suo volto da perenne sonnambulo che esprime il nulla (volutamente, certo, certo...) è funzionale al film che Van Sant voleva realizzare. Sarà che appartengo alla generazione dei genitori di Alex, ma mi verrebbe da pensare che (brutale e banale, vero?) per certi amichetti di Alex (per non parlare poi delle ragazzotte cretinette che circolano nel film) senza ricorrere a concetti complicati, basterebbe solo un pò di determinazione in piu' da parte di genitori ed insegnanti: ma questo è un altro discorso...Oltre a Dostoevskij, qualcuno ha tirato in ballo perfino
"Gioventu' bruciata": eresìe. E comunque ci sono registi che hanno trattato il tema "adolescenza difficile" in modo egregio, senza narcisismi autoriali ed esercizi di stile. Da segnalare, questa sì con evidenza, una curiosa ed intelligente scelta del commento sonoro, in cui ritroviamo brani famosi di Nino Rota accanto a canzoni del compianto cantautore Elliot Smith.
Si conferma dunque lo stile personalissimo di un regista-sperimentatore che privilegia la forma rispetto al contenuto. Regista sopravvalutato. Film sopravvalutato.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati