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Zodiac

Regia di David Fincher vedi scheda film

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La recensione su Zodiac

di lussemburgo
8 stelle

Il fascino del caso dello Zodiaco, come del mostro di Firenze a cui lo accomunano il modus operandi e la quasi contemporaneità, è il mistero, mai veramente svelato, dell'identità. Il suo caso rimane quindi aperto, l'enigma insoluto, l'immaginazione alimentata e il dubbio, come un'ossessione, alimentato.
Il killer dello Zodiaco, in altre parole, ha raggiunto il suo scopo. Scoppiato in pieno periodo pop warholiano, dei 15 minuti di celebrità a cui tutti hanno diritto, l'assassino è assetato di un riconoscimento pubblico e lo persegue ad ogni costo inviando personalmente lettere ai giornali, sfidando polizia e giornalisti, rivolgendosi direttamente a chiunque si interessi a lui. Capace di sfruttare i mezzi di comunicazione di massa per fare appelli, per concedere interviste in diretta, per mandare messaggi e indizi, Zodiac è un movimentista mediatico che usa l'omicidio per ottenere la ribalta, un sociopatico assetato di protagonismo anonimo. Di lui si deve riconoscere il segno, il soprannome, il simbolo, il linguaggio peculiare, il "codice linguistico", il marchio di fabbrica: Zodiac è il serial killer nell'era della riproducibilità di massa, che ricicla i segni della società dello spettacolo, ne sfrutta gli stimoli, si riduce a maschera per moltiplicarsi su tutti i media, ben attento alla comunicazione e massima visibilità delle proprie gesta. Gli anni Sessanta sono anche il periodo di rinascita dei supereroi e Zodiac, sulla falsariga dei fumetti Marvel, è un supereroe negativo con tanto di simbolo e maschera, inserito nella società del tempo e in città vere (e non nelle fantasiose Metropolis o Gotham dei DC Comics), diventa la personalizzazione dell'assassinio, quasi sempre gratuito ma griffato e quindi a lui ascrivibile.
Regista abile e molto a suo agio nella descrizione di una vicenda torbida e un po' confusa che ha accompagnato la storia recente degli Stati Uniti, Fincher porta Zodiac al cinema in un film corale il cui unico protagonista è necessariamente fuoricampo (almeno quel tanto che basta per una non completa identificazione), un fantasma mediatico che uccide, incide sulla memoria collettiva e sfugge. Fincher abbandona il proprio vistoso virtuosismo tecnico e tralascia le appendici pubblicitarie per concentrarsi sulla narrazione, lineare e articolata, realizza un film molto attento alla precisa caratterizzazione dei numerosi protagonisti. L'ossessione pubblica alimentata da Zodiac torna privata tramite Robert Graysmith, il personaggio di Gyllenhaal, colui che più si è avvicinato allo smascheramento dell'assassino. Sono due ossessioni a confronto, tra il killer in cerca di eco e il profiler dilettante in cerca della verità, perone borderline e antisociali, speculari e opposti, per i quali conta il mutuo riconoscimento, guardarsi negli occhi, come afferma Gyllenhal, sapere la verità ma anche specchiarsi in essa. E forse non è un caso se è un vignettista a quasi identificare un supernemico da fumetti.
Sullo sfondo della ricerca dello Zodiaco è il trascorrere del tempo. L'elemento cronologico, insistito dai numerosi titoli in sovrimpressione con la data, accompagna l'indagine con fedeltà cronachistica. Come la crescita di una città, il passaggio dagli Anni Sessanta ad oggi, l'evoluzione dei vestiti e dei comportamenti, dei mezzi di comunicazione, anche Zodiac si inserisce tra i segni riconoscibili del progresso sociale degli Usa, come il grattacielo del Trans-American Building che, da cantiere informe, si staglia infine nella sua sagoma riconoscibile sullo skyline di San Francisco, tappa tutte necessarie di un'efferata modernità in divenire.
Dopo aver dominato il palcoscenico televisivo e giornalistico, Zodiac rimaneva in attesa della consacrazione suprema, di un film a lui dedicato che lo immortalasse nell'empireo dei grandi assassini. All'epoca in cui agiva, il cinema manteneva un fascino ancora inalterato dalla diffusione della televisione, mentre un serial killer di oggi preferirebbe essere oggetto di un reality o all'origine di un format (Chi vuol esser l'assassino?). Fincher realizza finalmente il desiderio di Zodiac e il film stesso sembra accompagnare l'evoluzione del cinema. Se si modella sulle pellicole investigative degli anni Settanta come Tutti gli uomini del presidente, Zodiac sembra un ibrido tra quei film e le serie tv attuali, forse le più degne eredi del miglior cinema americano. In esse la scienza comportamentale, introdotta e sviluppata da John Douglas proprio negli anni della vicenda dello Zodiaco sulla base dello studio di casi chiariti di assassini seriali, si è ormai diffusa pandemicamente sin quasi alla banalizzazione, terreno fertile di narrazione avvincente, ma anche cupo riflesso di tempi e timori odierni ("E' vero, lo dice la tv" è una battuta del film).
Perché Zodiac è un film sociologico, senza tesi o dimostrazioni, in cui elementi sono raccolti e mostrati, come tracce indiziarie in un'inchiesta senza conclusione, e un fedele ritratto dell'evoluzione della società, del cinema, del serial killer. L'assassino rimane misterioso, però ormai tutti possiamo riconoscerlo in azione.

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