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Zodiac

Regia di David Fincher vedi scheda film

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La recensione su Zodiac

di mc 5
8 stelle

Quando si parla di serial killer cinematografici la memoria corre automatica a "Seven", ormai un classico. Lo stesso regista, David Fincher, ora torna al medesimo genere con questa pellicola che si segnala per la lunga durata (158 minuti) e per la sceneggiatura tratta da una catena di omicidi che sconvolse San Francisco a cavallo fra la fine dei '60 e gli anni '70. L'assassino (che nonostante le estenuanti indagini non fu mai identificato, lasciando di fatto il caso a tutt'oggi ancora irrisolto) era uno psicotico che si firmava "Zodiac" e che accompagnava ogni omicidio con deliranti missive inviate ai quotidiani locali. Il numero dei morti secondo la polizia fu una trentina, anche se quelli dichiarati dal killer risultavano "solo" una dozzina. Da quel che la mia non eccelsa memoria mi consente di rammentare, "Seven" era un thriller truce ma un po' patinato, e così temevo fosse anche questo "Zodiac": e invece no, trattasi sì, di thriller , ma dotato di un retrogusto amabilmente 70's che lo rende convincente ed appassionante. Il detective David Toschi (che dedicò una fetta consistente della propria vita alla ricerca di elementi certi che potessero inchiodare il killer) divenne un personaggio famoso nell'immaginario "poliziesco" americano,tanto da ispirare svariati soggetti tele-cinematografici:
il "Dirty Harry" di Eastwood prima di tutto, poi (ma qui riporto quanto tratto da siti di cinema e mi limito a "riferire") il tenente Colombo, il Bullitt di Steve Mc Queen, il Michael Douglas di "Sulle strade di San Francisco"...
Il trascorrere degli anni (una ventina, quelli coperti dal film) e' scandito dalle incessanti e faticose indagini, condotte tra mille difficoltà, complesse e disseminate di ostacoli, con indiziati che vengono scagionati e poi di nuovo indagati, senza mai approdare a nulla di definitivo, generando in chi le conduce un accumulo di frustrazione e rabbia. Il film lascia però trasparire che questo risultato negativo evidenzia alcuni dubbi sull'operato della polizia e anche della stampa, insomma se si e' arrivati piu' di una volta ad un passo dalla "prova decisiva" se ne puo'dedurre che qualche "falla" nelle indagini ci deve essere stata: da parte di chi non si sa, non e' chiaro, ma sta di fatto che il caso e' ancora aperto e questo film forse riaccenderà polemiche mai sopite. Cio' che fa la differenza fra questo film e tante altre storie di serial killer viste al cinema e' che qui il "centro" non e' individuare l'assassino (che quello viene indicato dopo pochi eventi) ma bensì l'ossessione e la frustrazione generate dal non poterlo incastrare. Fincher ha fatto un ottimo lavoro: le sequenze degli omicidi sono girate in modo molto efficace, come pure il momento
del primo incontro-dialogo fra i detectives e il probabile killer. Ma c'e' una sequenza in particolare (quella della breve visita notturna del protagonista nella casa di un operatore cinematografico) davvero magistrale: circa 5 minuti destinati ad entrare nelle antologie del cinema "di paura" di tutti i tempi. Gli
attori sono tutti in parte, tutti molto bravi. Sorvolando per stavolta sui divi e sui volti famosi, vorrei segnalare solo il poco noto John Carroll Lynch, nella parte del killer: una delle piu' azzeccate ed inquietanti facce da bastardo mai viste al cinema.
Due parole conclusive sulla strepitosa colonna sonora, tutta composta da pietre miliari dell'epoca '60/'70 (Sly, Isaac Hayes, Coltrane, Miles Davis, Four Tops, Animals, Three Dog Night, e, in primo piano, una splendida "Hurdy Gurdy Man" cantata da Donovan).

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