Regia di Stanley Kubrick vedi scheda film
Lungometraggio d'esordio di Kubrick che lo considerò sempre un progetto fallito, al punto da osteggiarne in tutti i modi la diffusione. Il livello è effettivamente ben al di sotto del resto della sua produzione, ma il giovane Kubrick già dimostrava un'occhio eccezionale per luci, ombre e angoli di ripresa.
“Paura e desiderio”, lungometraggio d'esordio di Stanley Kubrick, non è certo tra i titoli più noti all'interno della filmografia del Maestro. Anzi, diciamo pure che è un film sconosciuto ai più per due ragioni ben precise: la prima, quella più immediata, fù l'insuccesso commerciale a cui andò incontro nel lontano 1953; la seconda, quella che durante oltre quattro decenni ne ha poi impedito una sua riscoperta, fù invece il giudizio estremamente negativo che lo stesso Kubrick aveva del film, cosa che lo portò ad ostacolarne in tutti i modi la circolazione anche quando il suo nome faceva rima con 'gloria' (e con 'soldi', per produttori e distributori...). Prima di visionare ed esprimere un giudizio sul film ho voluto metterlo in qualche modo in prospettiva, andando cioè a rivedermi gli altri due film di guerra che Kubrick realizzò nel corso della carriera, e cioè “Orizzonti di gloria” e “Full Metal Jacket”. E bene, lo scarto tra questi due film e “Paura e desiderio” è abissale, dimostrando che sebbene il Kubrick prima maniera già possedesse un occhio attento per luci, ombre ed angoli di ripresa (d'altronde veniva dal mondo della fotografia) difettava per completo di quel senso del ritmo capace di infondere vita alle semplici immagini. È d'altronde questo, in ultima analisi, il fattore decisivo in grado di fare la selezione tra i grandi maestri, categoria nella quale Kubrick entrerà a pieno merito grazie al resto della sua gloriosa produzione, e gli autorini da festival per pochi intimi. I primi sono in grado di convogliare un messaggio intelligente senza che risulti questo un macigno indigesto, i secondi il medesimo messaggio intelligente riescono solo a farlo ingoiare a forza a un manipolo di intellettualoidi falliti. Non deve quindi sorprendere il fatto che un autore non solo geniale ma anche maniacalmente perfezionista come Kubrick si sia poi sempre opposto alla diffusione di questo suo film giovanile che riteneva un mero esercizio autoriale tanto ambizioso quanto malriuscito e verboso. Detto ciò, non mi sentirei comunque di bocciare in toto il film, che pure offre qualche spunto davvero succoso (la scena con la ragazza legata ad un albero -impressionante lo sguardo di Virginia Leith- e la crescente follia del soldato, ad esempio), e ne consiglierei anzi la visione allo scopo di poterlo mettere a paragone con i film seguenti del grande Kubrick.
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