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Le vite degli altri

Regia di Florian Henckel von Donnersmarck vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Le vite degli altri

di ohdaesoo
10 stelle

Ci sono piccoli film che ti entrano nel cuore. E non te ne frega nulla se non piacciono agli altri, piacciono a te. Non è il caso di questo film.
Ce ne sono altri che ti sconquassano dentro. E a prescindere dai loro difetti la botta emotiva è stata talmente grande che poi, del film, quasi te ne dimentichi. Non è il caso di questo film.
Poi ci sono film oggettivamente belli, quelli che solo un minchione può non riconoscerne la grandezza. Però anche in questi film tante volte trovi cose che non ti piacciono. Non è il caso di questo film.
Poi ci sono i film perfetti. Come questo.

Uno che stai lì e lo cerchi il difetto, lo cerchi lo snodo narrativo sbagliato, lo cerchi il personaggio sbagliato, lo cerchi un eccesso, che so, magari di retorica, lo cerchi il finale sbagliato o anche la singola sequenza sbagliata.
Ma non trovi niente. Perchè non c'è niente di sbagliato.
C'è una sceneggiatura impeccabile.
Ci sono dei personaggi monoliti da quanto son perfetti.
C'è una capacità di coinvolgere ed emozionare dovuta soltanto alla grandezza del film, non a trucchetti.
C'è un finale che se ci mettiamo un anno a pensarne uno più bello non lo battiamo.

E c'è la Stasi nel film (quella senza maiuscola mai invece) che controlla le vite degli altri per trovarci dentro anche solo una minima crepa, un pretesto, possibilmente anche inventato, per poterli dichiarare nella parte sbagliata. Basta sentire quello che vuoi sentire, interpretarlo come vuoi.
Voglio dire, una crepa c'è sempre, e se ormai qualcuno di loro, anche per motivi futili come far carriera, gelosia o puro divertimento, ha deciso che te sei nemico dello Stato stai tranquillo che sì, nemico dello Stato sarai dichiarato..
E nella migliore delle ipotesi smetterai di dirigere spettacoli teatrali, anche se questi erano praticamente tutta la tua vita. Non a caso persi loro decidi di abbandonare anche lei.
Oppure dovrai smetter di recitare, te giovane e bellissima attrice di talento.
Oppure smettere di scrivere, te scomodo intellettuale compagno dell'attrice di talento.
Lassù muovono i fili, e a volte a muoverli non sono nemmeno le loro teste, a volte è il loro cazzo, che poi tanta differenza nemmeno ci sarebbe, ma il loro cazzo vuole l'attrice e allora di conseguenza viene tutto il resto.
Viene un ministro maiale, viene la volontà di togliere di mezzo lo scrittore, vengono le miscrospie e le cimici, viene il centro di ascolto e viene HGW XX/7.

E un film che fino a quel momento è stato straordinario affresco di un'epoca, fotografia di anni particolarissimi di caccia alle streghe ma anche di fermenti che poi butteranno giù un muro, un film epocale, anche letteralmente, diventa il film di un piccolo uomo, nella statura e nell'animo.

Uno che sta lì con le sue cuffie ad ascoltare altre vite perchè la sua, di vita, non ha niente di significativo per essere vissuta altrimenti.
Buffo che questo film venga proprio dopo Ex Machina.
HGW XX/7  è un funzionario robot, uno programmato a far cose, uno che non ha personalità, soltanto una procedura dentro di sè. Paradossalmente Ava è più umana di lui.
Poi però accade una cosa particolare, e sta qui la grandezza principale del film.
Il funzionario inizia ad esser corrotto da qualcosa che non conosceva, i suoi circuiti vanno in tilt.
E quel qualcosa prima ha la piccola forma di un libricino di poesie, poi l'eterea melodia di una musica, poi il sofferente volto di una donna.

L'arte e l'umanità hanno aperto una crepa su di lui, lo hanno scoperto uomo capace di emozionarsi e ragionare, gli hanno mostrato strade laterali, e bellissime, alla grigia procedura.

Io credo che raramente negli ultimi 10 anni ci sia stato un personaggio più bello di questo. E una metamorfosi così lenta, ben scritta, morbida ma inesorabile come questa.
Quando era un funzionario non ha trovato niente in quella casa e in quella famiglia per poterli incastrare. Quando invece di prove ce ne sarebbero state a decine ormai era troppo tardi, ormai era diventato uomo.
Ci sono solo due momenti che, ripensandoci, puzzano un pò troppo di cinema e di coincidenze che accadono solo in celluloide.
Il primo è quando Wiesler (HGW XX/7) porta la lettera di denuncia di Dreyman al suo superiore ma proprio in quel momento quest'ultimo gli dice quello che lo scrittore avrebbe passato, facendolo desistere.
Il secondo è la morte di lei, colpo di teatro poco verosimile e un pò sbrigativo.
Per il resto l'ultima mezz'ora è, ancora una volta, perfetta.
Io amo particolarmente il momento in cui Dreyman legge i fascicoli su di lui.

Credo che scoprire anni dopo di esser stato spiato continuamente, anche nei momenti più intimi, sia uno shock incredibile, qualcosa che ti rende nudo, indifeso, piccolo. E scoprire poi che anche lei ti tradì, lei della quale l'ultimo ricordo che hai è una faccia morente che ti guarda, beh, non è facile.

Ma l'emozione più grande arriva quando leggi cose che tu non hai mai fatto, quando scopri che la spia che doveva rovinarti in realtà era l'uomo che ti stava salvando e che lo faceva poi attraverso l'arte, la tua arte, scrivendo di un'opera teatrale che mai sarà al posto delle tue cospirazioni.
E quell'impronta color rosso è uno di quei miracoli del cinema che poi ci portiamo sempre dietro, non si dimenticano.
Siamo al finale. E ripenso a quello di cui si accorse mio fratello, quell'assassina traduzione "lo prendo per me" al posto di "è per me". Un traduttore scellerato che probabilmente non ha visto il film e che proprio alla fine, nell'ultima battuta, ci rovina una frase che era straordinaria nel suo doppio significato.

 


Ma il pensiero, infine, non può non andare a chi quel personaggio l'ha interpretato, Ulrich Muhe, morto per un male incurabile soltanto l'anno dopo l'uscita del film. Stava già male mentre ci lavorava ma forse nemmeno lo sapeva ancora.
Muhe che nella sua vita privata ha vissuto quello che ha vissuto il suo nemico nel film, Dreyman.
Muhe che solo dopo la caduta del muro ha scoperto di esser stato spiato per anni dalla Stasi e tradito dalla sua stessa moglie.
A chi gli ha chiesto come avesse preparato il suo ruolo ha semplicemente risposto "Ho ricordato".
Ecco, nel cambiamento del funzionario che Muhe ci ha restituito in modo così grandioso non hanno influito solo l'arte e l'umanità che lui scopre dentro il film.
C'era lui là dentro.
Con riconoscenza HGW XX/7.
Con riconoscenza Ulrich Muhe.
Grazie.

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