Regia di Marino Girolami vedi scheda film
Iliade versione trasteverina tutto sommato più che sufficiente. Marino Girolami, papà di Enzo G. Castellari e futuro regista di poliziotteschi di un certo successo commerciale quali Roma Violenta (1975) e Italia a Mano Armata (1976), dimostra mestiere nel dirigere le tante sequenze di massa. Il film si avvale infatti di un cospicuo numero di comparse e da sfoggio di continue battaglie dove non manca il gore. I colpi di spada lasciano ferite sanguinose sui corpi e le spade mostrano lame colorate di rosso. Non male, per un film del 1962. Le scenografie sono limitate, ma furbescamente sfruttate dall'esperto regista, che persevera a inquadrare in campo lungo le serpentine mura di un castello e gli scorci ricostruiti sul set, piccoli angoli di ripresa mostrati con arte a suggerire un contesto ambientale cittadino (in realtà inesistente). Il resto del film si sviluppa in campagna o in accampamenti antesignani del nascituro spaghetti-western, di cui questo film è indubbio antenato.
Le interpretazioni sono sufficienti. Gordon Mitchell (grande fisico) è meglio qua che nei successivi ruoli western (dove si perderà in continue espressioni luciferine e psicopatiche). Si riconoscono anche Piero Lulli, nel ruolo di Ulisse, Ennio Girolami in quelli di Patroclo e Gloria Milland (Briseide) tutti presto sdoganati nel western.
Tra gli aspetti negativi si segnala una sceneggiatura troppo legata al testo omerico, così da lasciare tronco il film. Girolami propone un episodio (la lotta tra Achille ed Ettore con le relative premesse) di un testo assai più ampio, così che alla fine si resta con la sensazione di opera incompiuta, in cui peraltro si danno per scontati sviluppi non accennati nel film. La regia è ordinata, eppure ancora di vecchia concezione. Non ci sono, per intenderci, soggettive o virtuosisismi sperimentali idonei a personalizzare la resa visiva. La sequenza migliore è forse quella in cui l'ira degli Dei si scaglia contro l'accampamento greco durante i giochi.
Modesta la colonna sonora.
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