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Ratatouille

Regia di Brad Bird, Jan Pinkava vedi scheda film

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La recensione su Ratatouille

di FilmTv Rivista
6 stelle

Come ogni film di animazione ben riuscito - destinato a un pubblico vasto, vario, diverso per età, ceto, cultura - la trama di Ratatouille è semplice e folgorante. Qui si prende un topo, infinitesima parte di una tribù dedita ciecamente alla comunità e mossa dal bisogno più che dall'aspirazione, e lo si rende speciale. E cosa c'è di più singolare di un topo, animale che rimesta e vive di spazzatura, che renderlo dotato di passione e talento per l'alta cucina? Nel primo quarto d'ora, il film ci racconta di Remy, ribelle del gruppo e appassionato di ricette in televisione, che sfida le regole del branco per apprendere l'unica arte che gli interessa, arte reclusa alla sua comunità. I suoi rischi avventati portano tutti a una precipitosa fuga nelle fogne che lo separa dal resto della banda e gli fa scoprire di essere vicino al tempio del gusto, una Parigi più da sogno che da cartolina. Di lì le avventure con l'imbranato giovane chef Linguini, la sua capacità di manovrarlo come una marionetta e la riprova che il vero talento non può che farsi strada. Ratatouille, diretto quel Brad Bird che ha umanizzato in Gli Incredibili i supereroi ben più di Spider-Man, è un gioiello di fiaba. Un'ennesima variazione del sogno americano con una marcia in più. Utilizza lo stereotipo disneyano del topo non umanizzandolo ma emancipandolo, donandogli non i desideri della massa ma le aspirazioni dei dotati. E tra scene di incredibile perizia cinematografica, la nostra attenzione si sposta dai tecnicismi all'anima vera di un film dal retrogusto alla Frank Capra. Una piccola meraviglia con una scena da antologia: quando il temibilissimo critico gastronomico Anton Ego (con la voce originale di Peter O'Toole) si reca a decretare il successo o il fallimento del ristorante nel quale Remy cucina di nascosto, il topo gli propone una versione raffinata di uno stufato di verdure - la ratatouille del titolo - che lo induce a uno stato quasi regressivo, a una vera e propria "madeleine proustiana" che mette i brividi e spinge verso una sincera commozione.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 43 del 2007

Autore: Federico Pedroni

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