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Grizzly Man

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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La recensione su Grizzly Man

di FilmTv Rivista
stelle

Dire che Timothy Treadwell è anche Fitzcarraldo che è anche Francisco Manoel da Silva e pure Woyzeck e ancora Aguirre e di nuovo l'intagliatore Steiner, è un po' banale [ormai]. Dire che Timothy Treadwell, al pari di tutti gli altri personaggi herzoghiani, è specchio e mitopoiesi dell'animo, degli ideali e della "tensione" di Herzog stesso, è altresì abbastanza scontato. Dire però che l'ambientalista e studioso degli orsi grizzly Timothy Treadwell, ucciso in Alaska assieme alla collega e fidanzata Amie Huguenard dalle medesime bestie che così tanto e profondamente lo ossessionavano, rappresenta in qualche modo (un "modo" folle, grottesco, lunare, preparato se non addirittura prevedibile) lo iato atavico tra il dato e l'aspirazione contemporanei, lo è forse meno. Treadwell sta con la sua morte, e ne è consapevole. Ci sta, però, perché ne è "intriso dentro", cosciente a tal punto da studiarla da vicino. Treadwell così è l'uomo di oggi, in lotta perenne tra una finitezza insoddisfacente e un altro(ve) a cui ovviamente non ci si può avvicinare troppo. Pena, appunto, la morte. Ma Herzog, che è uno dei cineasti più grandi di ogni tempo, e per il quale dovremmo ringraziare chi di dovere per la sua esistenza, non è ingenuo a tal punto da "restare a bocca aperta" (non lo è mai stato), affascinato per gli spazi e il coraggio del personaggio, o estasiato per la sua megalomania; invece la sua voce fuori campo - e di conseguenza lo sguardo della sua mdp - è attonita, a volte sconvolta, perfino incredula, anche ironica: di fronte alla sconsideratezza, anche la più rispettabile, anche la più giusta, la saggezza può fare dei brutti scherzi, e troncare le gambe sul nascere all'entusiasmo. Werner Herzog guarda ancora alla "pazzia" come a una strada privilegiata attraverso cui uscire da una vita di stenti (morali e mentali); però il suo osservare non è più partecipe a priori, bensì estremamente lucido (provate a vedere anche Il diamante bianco). Questa è la (nuova) filosofia. Ed è invidiabile.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 48 del 2006

Autore: Pier Maria Bocchi

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