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Amityville Horror

Regia di Stuart Rosenberg vedi scheda film

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Raffaele92

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La recensione su Amityville Horror

di Raffaele92
7 stelle

Curioso oggetto questo “Amityville Horror”. Perché se da un lato fa propri (sfruttandoli al meglio) i canoni “vecchio stile” (ma comunque in parte contemporanei al periodo di realizzazione del film) tipici del genere (porte che si chiudono da sole, finestre che fanno altrettanto, lampadari che tremano senza apparente motivo, ecc.), dall’altra vive di trovate di grande impatto, forti di un ottimamente inaspettato utilizzo del sound.

Stuart Rosenberg è un rispettabilissimo cineasta (suoi sono “Nick mano fredda” e “Brubaker”), e nella sua unica e fortunata incursione nell’horror sceglie di giocare di accumulo (il crescere progressivo della tensione e l’aggravarsi man mano degli eventi), mettendo in scena uno spettacolo dove non viene mostrato nulla e si punta sull’atmosfera.

Ben lontano dal tripudio di effetti speciali del pure ottimo “Poltergeist” realizzato di lì a poco (1982), questa pellicola si sviluppa in modo trattenuto (il che non vuol dire sottotono), preferendo alle impennate di volume e ai facili spaventi l’utilizzo di espedienti tecnico-narrativi se volete non nuovi, ma neppure banali. Nella scena iniziale dove i due coniugi sono in giardino e stanno per entrare nella casa, la macchina da presa si trova all’interno della stessa o appena fuori sulla veranda, come a voler suggerire che qualcuno (o qualcosa) stia aspettando di nascosto i protagonisti all’interno. Stessa cosa si ripete quando questi sono appena entrati e la macchina da presa si trova sopra le scale inquadrandoli dal basso.

Guardando il tutto in modo più generico, “Amityville Horror” ha scritto molte delle regole del filone horror sulle case infestate.

Non manca però qualche pecca: alcune idee non sono state sviluppate e perseguite come avrebbero potuto (e dovuto), come la presenza di Jody, amica immaginaria della figlia, oppure quella inerente la cantina (luogo comune dell’horror che poteva essere sfruttato in maniera più efficace).

Nella seconda parte poi il film si dilunga eccessivamente, pena alcuni cali di ritmo e sequenze la cui assenza avrebbe giovato al film, come quella dell’accecamento del prete (interpretato da un Rod Steiger sempre grande).

Ciononostante resta uno dei pilastri del genere, forte di sequenze da antologia, poi imitate e parodiate: le mosche che attaccano Rod Steiger, il padre che abbatte la porta a colpi di accetta (lungimirante, curiosa e inequivocabile anticipazione di “Shining” di Kubrick) o il sangue che gronda da scale e pareti nel finale.

Sette sequel (bellissimo “Amityville Possession” di Damiano Damiani, inguardabili tutti gli altri), un ottimo remake del 2005 e un ottavo seguito inedito in Italia (“The Amityville Haunting”, 2011di Geoff Meed).

Seminale. 

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