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L'invenzione di Morel

Regia di Emidio Greco vedi scheda film

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La recensione su L'invenzione di Morel

di Peppe Comune
8 stelle

Un naufrago (Giulio Brogi) arriva via mare su un isola deserta. Sarà uscito certamenta da qualche storia poco lieta visto lo stato pietoso in cui si trova, ma ben presto si avvede di esserne entrato in un'altra che ha tutti i crismi dell'enigmaticità. Scorge una grande villa fornita di ogni sorta di comfort ma completamente deserta, e scopre nel sotterraneo la presenza di strani macchinari. Poi, all'improvviso, sente della musica e vede ballare delle persone che sembrano uscite dal nulla. La cosa gli appare molto strana visto che per molto tempo aveva girovagato solingo per la villa perlustandola in lungo e in largo. Come strano gli appare il modo in cui vestono, ballano, parlano e si muovono tutte queste persone apparse all'improvviso. Tra di loro c'è una donna molto bella (Anna Karina) che si isola spesso dagli altri e che si mette sempre allo stesso punto per leggere o ammirare il mare. Il naufrago rimane folgorato da questa donna, che sembra non accorgersi affatto della sua presenza. L'uomo scoprirà poi che l'intera isola di Caponero (ci troviamo a Malta) è stata usata come laboratorio per sperimentare l'invenzione di Morel (John Steiner), che consiste nella riproduzione di esseri umani attraverso un aumento consistente delle percezioni sensitive. Se possiamo sentire l'odore di una persona, toccarla, carpirne gli stati d'animo, gli sbalzi d'umore, allora e possibile anche riprodurne il corpo. L'intento, spiega Morel, "non è quello di ricreare la vita ma solo quello di registrarla e proiettarla" creando perciò una sorta di immortalita delle immagini dai movimenti ciclicamente uguali.

 

http://www.365film.it/wp-content/uploads/2011/02/morel2.jpg

 

L'invenzione di Morel - Giulio Brogi

 

Dal romanzo omonimo dello scrittore argentino Adolfo Bioy-Casares, Emidio Greco trae un film dall'elegante cifra stilistica, un viaggio dentro la fascinazione che da sempre l'uomo nutre per l'irraggiungibile mito dell'immortalità che diventa anche una riflessione sul potere lenitivo e illusorio insieme delle immagini. "Una volta riuniti tutti i sensi sorgerà l'anima", dice il diabolico Morel, e intorno ad essa è possibile rigenerare la parvenza di un corpo eternamente uguale a se stesso che sopravvive in un presente senza fine. ("Quest'isola è il nostro paradiso privato, perfettamente protetto. Anche se partiamo domani rimarremo qui eternamente ripetendo uno dopo l'altro i momenti di questa settimana, e senza poter mai uscire dalla coscienza avuta in ciascuno di essi. In ogni istante della proiezione non ci saranno altri ricordi se non quelli che ci furono nell'istante della registrazione e il futuro manterrà, così, sempre i suoi attributi"). L'ambizione speculativa dello scenziato s'incontra con la pretesa di rendere immortale quanto c'è di più bello e felice delle esperienze delle proprie vite, di affrancarsi dalle brutture del contingente attraverso la riproduzione in serie di una coscienza sgombra di preoccupazioni. Creare tutti i presupposti per eternare il presente significa obliare le esperienze del passato e rendersi immuni dagl'imprevisti del futuro. Significa manipolare il tempo e lo spazio per fare dell'uomo un simulacro di se stesso. ("Certo, ho abusato di voi, ho manipolato la vostra coscienza, ma non ne valeva la pena ? Eravamo sicuri e fiduciosi, colmi di ragionevolezza ed allegria, credevamo che la felicità di questi anni potesse durare per sempre. Invece, tutto sta per finire, fuori da qui è già tutto diverso. L'immortalità che vi ho dato era l'unico modo per prolungare questi giorni di spensierata gaiezza"). Anche i sentimenti sono fatti partecipi dell'invenzione di Morel, anche l'amore per una donna può essere riproposto in eterno con l'identica intensità emotiva. E' quanto arriva a comprendere il naufrago che, avvicinandosi a Faustina, si chiede se "chissà non entri nel cielo della tua coscienza". Emidio Greco è stato molto bravo a restituire tutto il fascino enigmatico che sorregge l'opera letteraria e ad agire per sottrazioni senza togliere nulla della denuncia sociale compiuta a "bassa intensità" dall'autore argentino. Tutta la prima parte del film è particolarmente bella (anche grazie all'interpretazione di un intenso Giulio Brogi). Bello è il modo in cui viene tratteggiato il silenzio (le prime parole vengono pronunciate dopo oltre mezz'ora), carico di sorpresa e paura, stupore e terrore panico ; bella è la maniera in cui viene rappresentata la solitudine dell'uomo che, da assoluta e liberatoria (si scoprirà che l'uomo è un evaso), si trasforma in crescente incredulità per il palesarsi di presenze avvolte dal mistero. Fino a diventare angoscia evidente quando comprende che la sua prigione definitiva è rappresentata dalla compagnia di queste ombre del passato votate all'immortalità. Non gli resta che cercare di porre fine a questo strazio. "L'invenzione di Morel" è certamente un film  che trasmette chiara la presenza della cultura alta : dal film di Alain Resnais, "L'anno scorso a Marienbad" (certamente il rimando cinematografico più vicino per i temi trattati e fascinazione enigmatica d'insieme), alle fattezze architettoniche della villa (e non solo) che rimandano di primo acchitto alla pittura metafisica di un Giorgio De Chirico o Carlo Carrà. Fino a quel senso di oppressione "labirintica" che è un tratto tipico di tanta grande letteratura del Sud America : Adolfo Bioy-Casares, naturalmente, Gabrìel Garcia Màrquez, José Donoso, Mario Vargas Llosa, Jorge Luis Borges (che del libro in questione scrisse un introduzione entusista). "L'invenzione di Morel" è  un grande gioiello del nostro cinema da riscoprire. Come l'intera opera del "parco" Emidio Greco.

 

 

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