Regia di Francesca Comencini vedi scheda film
Il denaro, ha raccontato la regista e sceneggiatrice (con Franco Bernini) Francesca Comencini, è il motore di A casa nostra, la spinta, "l'ideale" in funzione del quale si sviluppa la narrazione del film. Un tema arido e spietato, una pulsione solo "quantitativa", che prescinde persino dall'ambizione di realizzazione personale. Infatti, alcuni dei protagonisti, più o meno maturi, più o meno consapevoli, sembrano muoversi quasi per forza d'inerzia, per abitudine personale o consuetudine collettiva, indenni ormai da ferite recenti o passate: un banchiere affermato, un giovane magazziniere ambizioso, una bella modella di non troppo successo respirano l'aria di una città senza cuore, di un'apparenza di città. Ci sono state polemiche sulla Milano cattiva descritta dalla Comencini. Polemiche inutili: la città si racconta da sola, basta scrostare la patina luccicante con cui si ricopre per trovare l'aridità che l'autrice descrive, e che comunque la accomuna ad altre metropoli. Nonostante le tante sacche di umanità che ancora contiene e che, giustamente, la Comencini va a cercare, non solo attraverso il personaggio di Valeria Golino, un tosto capitano della Guardia di Finanza, ma anche attraverso altre figure inevitabilmente marginali, un pensionato dalle mani bucate e idealista, un videoartista isolato e scontroso, le donne in generale, prostitute immigrate o mogli desolate, tutte capaci, anche la modella Elodie, di uno scatto di consapevolezza e dignità in più rispetto agli uomini. Costruito come un intreccio di storie separate, che solo marginalmente si incrociano (e appena troppo macchinoso nel finale, che tenta di chiudere il cerchio della narrazione complessiva), A casa nostra è un film scostante e doloroso. A ragion veduta.
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