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Interceptor - Il guerriero della strada

Regia di George Miller vedi scheda film

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La recensione su Interceptor - Il guerriero della strada

di Dom Cobb
8 stelle

In una saga "vincente" come quella di Mad Max, il primo, riuscitissimo, capitolo, fa quasi da "detonatore" per il film successivo, che raccoglie in sè (all'ennesima potenza) tutte le caratteristiche migliori del franchise. Con le dovute differenze del caso, più o meno era successo con i Batman di Nolan, per cui il grande "Batman Begins" aveva aperto poi le porte al capolavoro "The Dark Knight". Mad Max 2, forse, tra i 3 film finora girati è quello che torna alla mente subito, proprio per la sicurezza e la spigliatezza della trama, dell'azione e della descrizione dei personaggi principali. Chiamo il film con il suo titolo originale, poichè in Italia, al solito, si è fatto un casino colossale: se il primo Mad Max è diventato, qui da noi, Interceptor, Mad Max 2: The Road Warrior è stato trasformato nel quasi identico Interceptor-Il Guerriero Della Strada (generando confusione tra gli spettatori meno attenti), con Mad Max 3:Beyond The Thunderdome ci si è avvicinati già di più all'originale con Mad Max: Oltre La Sfera Del Tuono. Non c'è dubbio che i titolisti italiani abbiano sempre avuto le idee confuse; e di esempi ce ne sono così tanti che si potrebbe mettere in piedi una playlist. Rispetto al primo Mad Max, in The Road Warrior si fa un balzo avanti nel tempo, dopo che un'ipotetica guerra mondiale atomica ha spazzato via tutto e la vita (e la morte) nel deserto è dettata dalla ricerca della preziosissima benzina rimasta, da parte di bande motorizzate di predoni. Il fulcro dell'azione è incentrato su una piccola comunità, arroccata all'interno di un deposito di carburante e insistentemente attaccata da una di queste bande. Max li aiuterà a scappare portando con sè l'autocisterna carica di carburante. Ne nasce, così, una "trama alla rovescia", dove, cioè, i protagonisti debbono uscire da un luogo pericoloso per salvarsi. Una trama che piacerebbe a John Carpenter (basti vedere le varie fughe da New York e da Los Angeles, nonchè luoghi mortali come la chiesa de Il Signore Del Male o la centrale di polizia di Distretto 13), ma che, tornando più indietro nel tempo, ha illustri precedenti nei film western di Howard Hawks (uno per tutti: Un Dollaro d'Onore). Ed è anche l'ambientazione che inesorabilmente spinge a pensare al film come ad un western sotto mentite spoglie, dove i cowboy (o gli indiani, oppure i ladri di bestiame, giusto per citare gli esempi classici del genere) hanno sostituito i cavalli con i mezzi motorizzati. Il deserto australiano, dato anche il contesto, può ricordare, per esempio, la Monument Valley dove John Ford girava i suoi film. Il personaggio di Max Rockatansky è un uomo morto dentro, dopo la strage della propria famiglia nel film precedente, il quale non ha più interesse per la vita e per il prossimo. Non si capisce quale sia lo scopo che lo porti ancora a vivere e a combattere, da solo, nel deserto a cercare la benzina per la propria Interceptor. Non si è mai visto "l'eroe" di un film così spigoloso e taciturno verso gli altri (i dialoghi di Mel Gibson sono ridotti all'osso), eppure, dimostrando di essere ancora un uomo giusto, si spingerà ad aiutare, seppur apparentemente controvoglia, i membri della comunità contro i predoni (il compenso di Max è un carico di benzina). Bruce Spence interpreta la spalla di Mel Gibson, che con i suoi modi ciarlieri ed allampanati fornisce i momenti ironici del film; anche per via del curioso autogiro con il quale sorvola il deserto e fornisce aiuto a Max al momento opportuno. Ovviamente, la saga di Mad Max viene anche e sopratutto ricordata per gli adrenalinici inseguimenti, che molto avrebbero insegnato al cinema d'azione degli anni a venire. Una divagazione: gli inseguimenti automobilistici di Fast & Furious (che nel panorama cinematografico attuale è la saga che maggiormente si basa sui motori) non valgono una frazione di quelli di Mad Max. La differenza sostanziale sta nell'uso di effetti (poco) speciali per correggere diverse scene e in un'ambientazione tamarra  e "da duri a tutti i costi" francamente fastidiosa. Se gli ultimi 25 minuti di Mad Max, con la fuga dell'autocisterna inseguita dai predoni sono un'antologia di tecnica e tensione, il film si apre subito spigliato con la caccia dei predoni a Max, ma anche il recupero della motrice per la cisterna, a metà film, è un bello squarcio d'azione. Mi sorprende, in negativo, la carriera che ha seguito il regista George Miller, il quale, date le premesse con Mad Max, avrebbe potuto girare altri film d'azione tesi e, data la sua propensione a girare inseguimenti, sarebbe potuto diventare una sorta di "William Friedkin australiano". Invece ha messo la sua firma su "roba" quale Babe-Maialino Coraggioso e Happy Feet (sui pinguini ballerini "tarantolati"): un vero peccato. Nel successivo Mad Max 3 Tina Turner avrebbe cantato "We don't need another hero": invece noi abbiamo ancora bisogno di "eroi" cinematografici come Max Rockatansky, un tipo poco accomodante, lontano milioni di chilometri dai tamarri con la battuttina pronta ed il sorriso sempre stampato in faccia, ma esponente di un cinema duro ed altamente professionale, ancora attuale, che con un budget niente affato stellare riesce ad essere più genuino e meno laccato di tanti blockbuster attuali.

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