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Il segreto di Esma

Regia di Jasmila Zbanic vedi scheda film

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La recensione su Il segreto di Esma

di Donapinto
8 stelle

Nella Sarajevo post-bellica, la non piu' giovanissima Esma deve crescere da sola la figlia adolescente Sara. Quest'ultima e' convinta che suo padre sia morto da eroe combattendo contro i serbo-bosniaci. Ma la realta' e' un'altra.                                                                                                                                                        Esordio alla regia della bosniaca Jasmila Zbanic con un'opera premiata con l'orso d'oro a Berlino nel 2006 e che va ad aggiungersi a una non particolarmente vasta filmografia dedicata al conflitto bosniaco degli anni 90'. Titoli pregevoli come BENVENUTI A SARAJEVO, IL CARNIERE, SAVIOR, NO MAN'S LAND, a cui aggiungerei anche il bizzarro e surreale UNDERGROUND di Emir Kustirica e lo splendido LA POLVERIERA di Goran Paskalievic. Tutti titoli che trattano una guerra combattuta nel cuore dell'Europa e troppo presto dimenticata. Tutto ha inizio con la morte nel 1980 del duro ma carismatico Josip Broze Tito e la conseguente salita al potere di Slobodan Milosevic. Quest'ultimo legalizza i movimenti cetnici messi precedentemente fuori legge dal padre-padrone della patria Jugoslava, e comincia a propagandare una forte identita' nazionalista nel popolo serbo, che culminera' per l'appunto in una sanguinosa guerra civile dove a farne le spese saranno principalmente i civili. Milosevic incarica l'allora leader della tifoseria della Stella Rossa Belgrado, Zeljko Raznathovic, a formare una milizia paramilitare da mandare sul confine con la Croazia. Raznathovic conosce bene il mestiere. Negli anni 70' lavorava per i servizi segreti jugoslavi (non certo come fattorino) e si distinse in un certo numero di rapine a mano armata in giro per l'Europa. Reclutera' i miliziani proprio nella curva del "Maracana'" di Belgrado e svuotando in buona parte le carceri belgradesi di comuni delinquenti. Nascera' cosi' "La guardia volontaria serba", ribattezzata poi "Tigri di Arkan", un piccolo esercito di mercenari assetati di violenza e ricchezze. Dopo le cittadine croate poste sul confine serbo, sara' il turno della Bosnia, dove le Tigri si renderanno responsabili di numerosissimi eccidi ai danni di chiunque non fosse serbo o cristiano ortodosso e in un innumerevole numero di stupri. Il tutto aggravato anche dalle violenze dei non meno famigerati Ustascia croati. Il numero di donne stuprate in Bosnia si aggira da un minimo di 20.000 a un massimo di 50.000, dove non venivano risparmiate nemmeno le bambine e le suore. Donne trasformate in schiave del sesso che spesso arrivavano al suicidio per la vergogna. Non voglio certo mettermi nei panni di una donna, ma forse una donna occidentale supera in maniera diversa questo tipo di violenza rispetto invece a donne che vivono in questa zona dei Balcani intrisi di maschilismo, dove lo stupro e' un'onta incancellabile. Emblematico in questo senso e' il film SAVIOR del serbo Predag Antonijevic, dove una ragazza serba prigioniera dei miliziani bosniaci, viene violentata, dando cosi' alla luce un "bastardo". Una volta libera, il padre la rinnega e la caccia via, rimproverandogli addirittura di non aver avuto il coraggio di togliersi la vita. Ricordo anche che ai tempi del conflitto, un quotidiano italiano riportava la notizia che questi stupri venivano spesso ripresi con la telecamera, e i video venduti sul mercato clandestino grazie ad organizzazioni criminali senza alcuno scrupolo. Zeljko Raznathovic, meglio conosciuto come Arkan, tornera' in patria ricchissimo per tutti i saccheggi effettuati nelle citta' e nei villaggi bosniaci, lasciando un paese devastato e pieno di mine anti-uomo inesplose. Verra' assassinato nel 2000 nella hall di un Hotel di Belgrado con modalita' da vera e propria esecuzione. Un altro responsabile della pulizia etnica in Bosnia e' stato il generale Ratko Mladic, autore del sanguinoso assedio di Sarajevo e della strage di Srebrenica, dove trovarono la morte 8.000 civili bosniaci, nonché dell'allestimento di veri e propri campi di concentramento. Quest'ultimo sta' scontando l'ergastolo per crimini contro l'umanita'. Sempre riguardo alla guerra di Bosnia mi sento di consigliare il libro di Paolo Rumiz MASCHERE PER UN MASSACRO, in particolare del suo scioccante incipt, dove viene descritto l'assassinio a sangue freddo da parte dei paramilitari serbi, di Goyco Petrovic, un settantenne serbo ex-partigiano, reo di aver nascosto nella cantina di casa sua alcuni bosniaci musulmani con la speranza di sottrarli a una morte sicura, non prima che il suo assassino gli ordino' di calarsi i pantaloni per verificare se era circonciso. La pellicola di Jasmila Zbanic ci mostra una Sarajevo cupa e fredda, che cerca di dimenticare il suo passato. Apparentemente sembra riuscirci, ma in realta' e' tutta una facciata che serve a coprire lutti e dolori ancora vivi. Esma lavora duramente come cameriera in uno squallido disco-bar di proprieta' di un uomo rozzo e maschilista, immischiato molto probabilmente anche in attivita' illecite. Deve crescere la figlia quattordicenne Sara, una ragazzina ribelle e irrequieta che sente la mancanza di una figura paterna. Esma e' afflitta da bruttissimi ricordi vissuti durante la guerra, lo testimoniano l'inizio quando sua figlia di prima mattina giocando con lei la mette con la schiena per terra, e gli rimane sopra come se la dominasse. La reazione di Esma non e' propriamente affettuosa. Oppure quando in un turno notturno sul lavoro nota un cliente. Esma sconvolta si allontana per andare ad ingoiare alcuni tranquillanti. Sara trova in un coetaneo la possibilita' di confidarsi, cosa che non riesce a fare con sua madre, mentre Esma prova un sentimento, ricambiato, per Pelda, un'uomo piu' giovane di lei che lavora come buttafuori nel locale, a cui la guerra ha portato via il padre e la possibilita' di continuare l'universita'. Le cose fra Esma e Sara si complicano quando la ragazzina vuole partecipare a una gita organizzata dalla scuola dall'oneroso costo, ma gratuita per tutti quelli cui il padre e' morto come martire in guerra. Esma cerca in ogni modo e di nascosto di recuperare la somma richiesta, avendo lei fatto credere a sua figlia che il padre e' morto da eroe. Nel finale, seppur lo spettatore cominci a sospettare come siano andate realmente le cose, Esma rivelera' in maniera brutale la scottante verita' a sua figlia. Verita' che arriva pero' come una vera e propria liberazione. Finale commovente e pieno di speranza. Pellicola che nonostante mostri forse qualche tentennamento tipico delle opere prime, e' realizzata con grande impegno civile, coraggio e sincerissima onesta', impreziosito dall'interpretazione dell'attrice serba Mirjana Karanovic nel ruolo di Esma. Volevo fare un appunto che poco ha a che vedere propriamente con il film in questione. E' da svariato tempo che si parla di un ex-calciatore serbo, ora allenatore, in Italia da ormai quasi un trentennio e che ha contratto una grave malattia. Sto' parlando naturalmente di SM. Resa pubblica la notizia, sul web tutti i tifosi si sono scatenati in auguri di guarigione nei suoi confronti. Io stesso quando ero un tifosissimo bianconero, rimanevo incantato dai suoi calci di punizione battuti con il suo violentissimo sinistro. In particolare ricordo di uno splendido gol segnato in coppa UEFA quando indossava i colori giallorossi. Una staffilata in diagonale di controbalzo che non lasciava scampo all'incolpevole portiere del Borussia Dortmund. Purtroppo pochi sanno, o non ricordano o fanno finta di non ricordare, che SM, oltre a rendersi protagonista di alcuni comportamenti gravemente anti-sportivi e xenofobi, defini' il prima citato Ratko Mladic un grande guerriero e rivendico' sempre e con orgoglio l'amicizia nei confronti di quel Zeljko Raznathovic, tanto da dedicargli un necrologio dopo la sua morte. A quanto pare commissiono' anche il vergognoso striscione che recitava "onore alla tigre Arkan" apparso nella curva della tifoseria della squadra dove lo stesso SM ai tempi giocava. Lo striscione riusci' ad entrare nello stadio in una maniera quasi barzellettistica. Infatti i tifosi giustificarono allo sprovveduto maresciallo dei carabinieri addetto al controllo, che si trattava di un vecchio giocatore straniero appena deceduto al quale volevano rendere omaggio. La domenica seguente la squadra di SM ando' in trasferta a Torino, e la curva granata rispose con lo striscione "Onore al gatto Silvestro". Per dovere di cronaca, le condizioni di salute di SM sembrano essere notevolmente migliorate.

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