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The Departed. Il bene e il male

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su The Departed. Il bene e il male

di Utente rimosso (signor joshua)
10 stelle

Scorsese ha perso smalto, di questo se ne sono accorti quasi tutti, non ha più l'abilità narrativa di una volta, non sa più conciliare in modo perfetto, come faceva ai vecchi tempi, la storia dell'America vista dalla prospettiva dell'ultimo dei morti di fame della società con il conflitto tra morale, fede e sangue, che si svolgeva all'interno di questo; però una cosa è sicura, i suoi film di mafia, ormai, si girano praticamente da soli, ed è profondamente sbagliato pensare che sia un regista che si copia da solo o che fa dei film tutti uguali, anzi, ben che gli argomenti siano quasi sempre gli stessi (la malavita dei piccoli borghi, la cattiva coscienza del paese e così via), le sfaccettature, i caratteri e le emozioni che fuoriescono da ogni da ogni prodotto, sono a miracolosamente a se stanti. The Departed in realtà è un po' un paradosso, ma non tanto per il film in se, quanto per le sue origini: si da il caso, infatti che sia una specie di riassuntone (a grandi linee) dei tre Infernal Affairs, una trilogia di mafia giapponese di inizio Duemila e considerando che Scorsese viene considerato dai più un narratore del Nuovo Mondo, questo fatto è alquanto strano.
Tutto ciò, in ogni caso, è superfluo, perché il film da solo basta a farci dimenticare continenti, paesi, prequel, sequel e remake di ogni genere: in parole povere (se così possiamo dire) è la storia di un piccolo mafioso che diventa un poliziotto e fa carriera fino ad entrare nel dipartimento di stato fungendo come talpa dei malavitosi, ma l'unico a sapere del suo doppio gioco è Frank Costello, il capo della gang, e di un ragazzo cresciuto da dei delinquenti che diventa un poliziotto e si infiltra nella banda di Frank per procurare le informazioni necessarie ad incastrarlo, ma gli unici a sapere della sua vera identità di agente, sono due ufficiali del dipartimento. Questo più o meno è il preambolo, ma più si va avanti e più gli “affari” diventano “infernali”, lo schema della sceneggiatura si complica e si intreccia andando a creare situazioni equivoche ed adrenaliniche, alternando e sovrapponendo le storie del poliziotto al servizio della mafia e del mafioso al servizio della polizia, il tutto facendoci tenere bene in mente quanto viene affermato all'inizio: se hai una pistola puntata in faccia, qual'è la differenza tra l'essere un criminale e l'essere un poliziotto?

Dopo ancora il doppio gioco dei due si trasforma in triplo, i tradimenti si susseguono, nessuno si fida più di nessuno, e tutto questo baccano di paure e di confusione, si termina in un bagno di sangue tanto rapido e crudele, quanto lunga ed estenuante è stata l'attesa dei personaggi, ed è proprio nel finale che il titolo trova una vera giustificazione: dalla scena dell'ascensore in poi non sono più affari infernali, non ci sono più personaggi giusti che lottano per ristabilire l'ordine e personaggi sbagliati che invece vorrebbero sconvolgerlo per restare vivi (probabilmente il sottotitolo italiano “Il Bene e il Male” si riferisce proprio a questo), c'è solo il bisogno di portare ad una conclusione definitiva quanto iniziato, senza processi e senza tanto rumore e la soluzione è solo una, l'omicidio di tutti coloro che erano coinvolti, che si scoprono essere defunti sin dal primo momento in cui hanno fatto la loro comparsa in scena. Il migliore di Scorsese resta Taxi Driver, e l'unico motivo per cui ha vinto gli Oscar è che porta la firma di un vecchio mostro sacro del cinema (non che non se li meriti), ma è comunque un film di un fascino cinico e violento che mette i brividi.

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