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Il leone del deserto

Regia di Moustapha Akkad vedi scheda film

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La recensione su Il leone del deserto

di lamettrie
9 stelle

Un gran bel film contro: il colonialismo innanzitutto; poi la guerra, in generale; infine il fascismo. Grande anche perché molto lungo: ma le 2 ore e 53 minuti non risultano quasi mai pesanti.

La sceneggiatura è splendida, e mostra tutti i torti e i crimini di chi si basa sul diritto del più forte. È un caso rarissimo di film sulla resistenza antifascista in cui coloro che lottano per la liberazione non sono italiani. Quindi in Italia lo si può vedere non con gli occhi della guerra civile: il fascismo è dipinto per quello che ha fatto nella politica estera, un tragico e ingiustificabile episodio di lotta contro diritti umani e giustizia, al fine di far prevalere solo la violenza, per rubare. Il film ha anche il merito di circoscrivere questa critica non solo al fascismo e all’Italia, ma in generale a qualunque guerra d’aggressione, a qualunque imperialismo, di ogni epoca, nonostante tutte le maschere e le falsità e la retorica.

La resistenza è qui celebrata in tutto il suo valore: difendere se stessi dalla schiavitù, dalla violenza e dalle ruberie altrui è necessario. Anthony Quinn giganteggia nella parte di questo leader, Omar Mukhtar, che è una leggenda tuttora in Libia: semplice, profondo, buono, ma indomabile, mai disposto a svendere la dignità e la libertà sua e del suo popolo. Per niente un sanguinario, ma uno che non vuole farsi umiliare e asservire: come è giusto che sia. Buono non può essere sinonimo di servo: colui che è buono si ribella all’ingiustizia subita, e nella misura giusta, senza eccessi; se la subisce, usa la bontà come pretesto per la propria viltà, come purtroppo il cristianesimo ha abituato.

Molto interessante è il sottofondo religioso sincero e sentitissimo, prioritario. Mostra come l’Islam imponga la propria liberazione: questo nesso tra religione e indipendentismo è stato ed è tuttora la base dei nazionalismi dei paesi islamici. Ciò innerva la lotta contro gli aggressori, che dall’800 ad oggi sistematicamente sono (ai loro occhi siamo tutti noi, e abbastanza a buon diritto, pur fatte le dovute distinzioni) gli occidentali. Questi hanno più torto degli islamici: hanno iniziato per primi la violenza, per rubare, e la esercitano con mezzi molto più efficaci, e quindi terribili. Una superiorità orrenda, in mano agli occidentali, che il film mostra benissimo: è l’unica ragione del successo, nonostante tutte le bugie di oggi (progresso culturale, liberalismo, crescita della borghesia, diffusione della democrazia a beneficio dei colpiti …), e quelle di ieri: la necessità di civilizzare i primitivi, o la grandezza della storia romana di cui finalmente il fascismo avrebbe raccolto l’eredità come era destino ed evento indispensabile…

Spettacolari sono le scene belliche. Ottima la colonna sonora e la ricostruzione filologica del deserto dell’epoca, ben valorizzato dalla fotografia. Tutto il cast recita bene, tranne Rod Steiger, poco credibile nei panni di un Mussolini che non maschera la sua grande ansia.

Un film profondo, anche nel sottolineare le conseguenze psicologiche delle scelte fatte dai vari protagonisti. È vergognoso, ma non stupisce, che questa pellicola sia sempre stata oscurata in Italia: le cause sono il solito e falso buonismo all’italiana, che non deve mostrarci feroci, e il militarismo neofascista, che spesso è stato addirittura al governo.

Un film epico degno di tal nome, che fa un’epica sui temi reali e importanti della modernità.

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