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La sconosciuta

Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film

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La recensione su La sconosciuta

di FRANCESCODEBELVIS
4 stelle

Tanto tuonò che piovve. Dopo il flop di "Malèna" (2000), è stato squarciato finalmente il velo di mistero che aleggiava (per volere dello stesso regista) dentro e intorno al set di questa attesa pellicola. Mistero, col senno di poi, inutile e incomprensibile. Il Peppuccio nazionale spera stavolta nel colpaccio con questo thriller stanco, pasticciato e confuso ma - paradossalmente - prevedibile, fiero di esibire un cast stellare allo sbaraglio (su tutti Favino, che pure amiamo) tra efferati effettacci gore, brutte musiche di Morricone, grandangoli, controcampi incredibili, condòmini loschi, scale a chiocciola e un Placido laido, depilato e cattivissimo. Tornatore si conferma come uno dei registi più sopravvalutati del ventennio, perché usa il suo sguardo cinefilo per accattivarsi il pubblico nei modi più biechi e triti. La violenza insistita, il montaggio alternato, le scene madri di questa ragazza dell’Est con più di un segreto (l’esordiente russa Rappoport), passata dalla prostituzione sulla strada al lavoro come domestica presso una borghese famiglia di una cupa Trieste (che si conferma città cinematograficamente in voga), tutto questo Tornatore non solo non riesca a gestirlo, perdendo per strada il senso della logica, ma lo amalgama in un calderone zeppo di cliché e vuoti narrativi, anche se splendidamente fotografati. Va bene che la tv ha annacquato parecchi talenti, ma almeno la moraletta e la lacrimuccia prima dei titoli di coda poteva risparmiarseli. Qualcuno lo ha accostato al primo film del regista, “Il Camorrista”, forse per via della denuncia di un dramma sociale che affiora nell’urlatissimo e strombazzato finale a effetto shock; altri, invece, ad un dimenticato thriller “atipico” del regista, “Una pura formalità”, Polanskiano sino al midollo (anche nel cast). A parer nostro, questo “La Sconosciuta” è solo un risibile e lancinante gialletto di derivazione post-argentiana. Speriamo che Tornatore se ne rimanga buono per altri sei anni. O al limite - azzardiamo - che si dia all’horror: a tratti sembra possederne i passi, i ritmi, le visioni.

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