Espandi menu
cerca
N. Io e Napoleone

Regia di Paolo Virzì vedi scheda film

Recensioni

L'autore

scapigliato

scapigliato

Iscritto dall'8 dicembre 2002 Vai al suo profilo
  • Seguaci 137
  • Post 124
  • Recensioni 1361
  • Playlist 67
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su N. Io e Napoleone

di scapigliato
8 stelle

Si scrive Napoleone, si legge Berlusconi. Non ne fanno mistero né il regista né gli attori, e ci sono dei riferimenti inequivocabili: i nuovi posti di lavoro, il "Mi consenta" che esce da uno dei servitori, l'essere un traditore, il carisma da avanspettacolo, l'ossessivo culto dell'immagine, il fascino per la guerra e la gloria, e via dicendo. Paolo Virzì si può dire che torna al suo meglio. Non che i film precedenti non fossero buoni, ma dopo "Ovosodo" qualcosa s'era inclinato, e oggi con "N" s'è raddrizzato. "N (io e Napoleone)", che ebbe come titolo di lavorazione anche il più incisivo "Ucciderò il Tiranno", è un bellissimo film storico che, con qualche dose di commedia farsesca all'italiana, modellata più sui tipi che sul testo, sa essere profondo e romantico. Qualcuno lo avvicina ai filmoni di Magni, così come c'è chi parla di Elio Germano come il primo De Niro. Il giovane attore romano, infatti, è il migliore che l'Italia possa vantare sulla piazza, in compagnia degli amici Riccardo Scamarcio e Silvio Muccino. I tre moschettieri, in attesa del quarto, sono l'espressione più fresca ed originale delle carriere attoriali del cinema nostrano che continua a perserverare in un Cinema di poco respiro. Elio Germano, istintivo e con metodo, incarna il dubbio e la confusione di noi giovani davanti alle vicende del mondo, molto più grosse di noi da farcele odiare e amare allo stesso tempo. Il suo personaggio parte che sogna di uccidere il vile Napoleone, poi quasi se ne impietosisce, e davanti ad un tragido dietrofront del dittatore, torna sui suoi passi di sovversivo. La fotografia e le scenografie bellissime del film aiutano a ritrarre Germano come uno Jacopo Ortis (tra l'altro citato nel film)dei nostri giorni, ma catapultato nel primo '800 al fianco di Napoleone. E questo riesce a dare all'attore tutte le caratteristiche per primeggiare sul resto dell'incredibile cast. Germano, infatti, anche se a volte sopra le righe, in una dolora continuità dell'ingombrante eredità classica e teatrale della nostra recitazione, sa essere essenziale e giocare più con gli sguardi che con il corpo. Va detto che poi l'italianità della recitazione, forse perchè comunque è una commedia, rimane anche per lui fin troppo visibile nella sua fisicità. Ma i suoi occhioni scuri sono da brivido. Un attore capace di travolgerti anche con poco. Ma il cast è tutto superlativo. Daniel Auteil è un Napoleone misurato, ma che non tradisce il suo vero spirito canagliesco; la Bellucci è bellissima e dentro il testo più del solito; Mastandrea, Ceccherini, la Impacciatore e la Inaudi sono sì farseschi (un po'meno Mastandrea per la sua personale verve umbratile), ma danno quel colore locale caro al nostro cinema di regionalismi e sono una cornice perfetta, come il toscanaccio Carlo Monni in un cameo simpatico. Ma l'applauso maggiore se lo merita il grande Omero Antonutti la cui maschera e il cui lavoro d'attore valgono un ruolo d'antologia, sempre. E' il maestro di Elio Germano, in seguito sconosciuto da quest'ultimo che crede di non riconoscerlo più, ma sul finale tutto ritorna e l'attore ci regala una grande lezione sia di interpretazione che di contenuti. Bellissimo tra l'altro il primo incontro tra Gremano e Antonutti. Il giovane ribelle vuole uccidere il tiranno, ma il maestro, che lo indirizzò a suo tempo verso queste posizioni, se ne viene fuori con una rara saggezza che però sconforta il giovane. La libertà è inviolabile, ma non sei libero di uccidere una persona, non sei libero di farle del male. Questo in soldoni il tormento del vecchio maestro che poi tornerà sui suoi passi sovversivi sconvolgendo di nuovo la vita del protagonista. Un film quindi che spazia nei sentimenti e affonda sull'ambiguità del giusto. Cos'è giusto? Chi è davvero il cattivo? E io chi sono in tutto questo marasma? I tempi sono maturi per chiederselo, in Italia come nel mondo, e il finale, ricco di inversioni di ruolo, chiude su una bellissima scena tutta per Elio Germano che non solo la rende grandiosa, ma ce la fa arrivare sotto la pelle fin sù nel cuore.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati