Regia di Alberto Sordi vedi scheda film
Un film piacevole, sicuramente divertente, ma anche un po’ confuso, e non all’altezza delle alte ambizioni che si proponeva. Le quali sono queste: scandagliare i cambiamenti e i mali della famiglia dell’epoca.
Si era nell’82, e il film è molto anni ’80: per l’utilizzo di un’aria spensierata e superficiale, incoraggiata dalle ottime musiche di Piccioni. Un’aria che però sottende una fortissima critica: il padre è un gaudente, e gran parte del tono è da idiota edonismo reaganiano. Infatti i genitori sono degli irresponsabili, egoisti, che fanno pagare le loro gravi mancanze sui figli. Ma è pur vero che Sordi ha il merito di mostrare anche gli effetti positivi di questa riscoperta del godimento: alla fine il suo stesso personaggio dice di sì alla vita, tenendosi lontano da tanto bigottismo che era ancora una delle cifre dell’italianità (e, come detto, ciò non nasconde gli aspetti negativi, di questo modo di fare immaturo dell’eterno giovane).
Se critica l’edonismo consumista, il film critica anche la critica ad esso: si vedono gli aspetti poco edificanti (il culto del leader che in realtà è un plagiatore, l’eccessivo spiritualismo…) delle comuni post’68, insieme ai loro aspetti positivi (lo sguardo critico che cerca di reagire al consumismo e alla massificazione, sguardo che purtroppo è stato sempre più minoritario, per la svolta micidiale impressa dai mass media asserviti al capitalismo, in particolare proprio dagli anni ’80).
La bellezza femminile ricorre, e contribuisce a rendere gradevole la visione, assieme al ritmo alto, e soprattutto alle tante occasioni per ridere. La vena romana, sanguigna, diretta, aiuta a ridere poi, a maggior ragione quando è quella di due giganti come Sordi e Verdone. Il primo non sbaglia un colpo come sempre; il secondo (e neppure questo fa eccezione) entra perfettamente nella parte, qui quella difficile del bambinone che però è anche vecchio dentro.
Il loro rapporto è la chiave del film: un rapporto pessimo per la noncuranza del padre, il quale con questo viaggio assieme mostra di voler recuperare il tempo perso, e di mutare rotta dopo i propri errori dovuti a un’assenza non necessaria, bensì legata a un colpevole disinteressamento. Di certo c’è un’autocritica dei genitori (e Sordi non lo era), che erano cresciuti durante il boom, in mezzo a tante illusioni di facile vincente accrescimento.
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