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As You Like It - Come vi piace

Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film

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La recensione su As You Like It - Come vi piace

di spopola
8 stelle

Dopo oltre sei anni (periodo in cui si è dedicato al teatro sul palcoscenico, sua passione primaria) Kennet Branagh torna felicemente al “suo” Shakespeare, e lo fa ritrovando intatto il “leggero” tocco della fantasia spesso così presente nel suo percorso (“Molto rumore per nulla” del 1993), ma che risultava in buona parte edulcorato in quel “Pene d’amor perdute” , suo precedente momentaneo congedo dal grande schermo, che aveva “tentato” arditamente di ricomporre rivisitando il modello stilistico del musical hollywoodiano degli anni d’oro (fra Fred Astaire e B. Berkeley tanto per intendersi) una volta tanto però con risultati meno ispirati e omogenei del solito. Con “As You like it” sembra invece aver ritrovato in pieno la fresca vena ispirativa dei suoi momenti migliori, proponendoci un adattamento personale e intelligente di questa garbata commedia, assolutamente non accademico o calligrafico, né tantomeno seriosamente conforme alla tradizione, ma aereo, colorato e avvolgente e fortunatamente privo di forzature tendenti ad un impossibile “aggiornamento” degli avvenimenti narrati, seppure con una necessaria definizione molto più moderna di alcuni dei personaggi topici (penso ad esempio al Jaques di Kevin Kline) che popolano questa intricata vicenda di travestimenti, spaesamenti ambigui dei sensi, innamoramenti travolgenti, passioni ritrovate e lotte intestine, fra pastori, buffoni, matti, servi fedeli, filosofi, guerrieri, fratelli rivali, figlie ripudiate e duchi spodestati, una miriade di figurine perdute e vaganti nell’immaginaria, sublime foresta di Arden, memorabile “creazione” fantastica del Bardo che Branagh e suoi collaboratori riescono a fare rivivere intatta e magnifica, realisticamente palpabile, ma al tempo stesso “impossibile” parto del sogno. Come già aveva fatto con “Molto rumore per nulla” (la Messina trasformata nella lussureggiante, carnale esuberanza della campagna toscana) qui l’elemento figurativo (che rappresenta una delle componenti vincenti dell’operazione) è una azzardata, stupefacente e bellissima contaminazione “giapponese” degli ambienti e dei costumi, affiancata da una coraggiosa multietnicità di “colori” e razze che rende ancor più personale il contesto. Suggestiva intuizione la sua che aumenta il fascino sinuoso di questo “filosofeggiante” racconto animato che si avvale, quale altro elemento distintivo di incommensurabile valore, del contributo indispensabile e potente di un affiatato, nutrito, meraviglioso gruppo di attori in stato di grazia (di differente provenienza e notorietà, ma amalgamati con assoluta perizia in un insieme “perfetto”), tanto da rendere impossibile una graduatoria di preferenze o di meriti: davvero non c’è una nota stonata o una forzatura stilistica, nemmeno nelle giovanissime, angelicate protagoniste che hanno sulle loro spalle il compito maggiormente gravoso e cospicuo, o in coloro che, per precedente percorso interpretativo, potrebbero risultare più estranei e lontani dal mondo di “questa” poetica assoluta e seducente (e sappiamo bene quanto sia difficile restituire nella pienezza della loro magniloquenza, i versi e le valenze delle immortali parole inventate dall’inarrivabile genialità Shakespeariana). Nell’impossibilità di citarli singolarmente allora (e per non fare torti o ingiustizie), non ne nominiamo nessuno: li uniamo tutti in un forte, prolungato applauso di ammirazione e di consenso.

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