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INLAND EMPIRE

Regia di David Lynch vedi scheda film

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La recensione su INLAND EMPIRE

di FilmTv Rivista
8 stelle

C'è una donna in pericolo. C'è un mistero. C'è un film nel film. Questi gli scarni elementi che David Lynch lascia trapelare nelle sinossi che hanno accompagnato la presentazione del suo film a Venezia. Insieme alla nota di produzione, che sottolinea che nemmeno lui conosceva in anticipo e nei dettagli lo sviluppo narrativo della storia di Nikki e Susan (Laura Dern in entrambi i casi), del suo partner Devon e del suo amante Billy (Justin Theroux), del misterioso marito e dello straniero che si affaccia ogni tanto nei meandri del film, del suo regista Kingsley Stewart, della donna con il cacciavite nel fianco, della ragazza polacca sperduta e piangente davanti a uno schermo, delle prostitute che chiacchierano di sesso e d'amore in una stanza barocca o sulle stelle di cemento che costellano il Sunset Boulevard e che ogni tanto, imprevedibilmente, improvvisano un numero musicale, dei gangster polacchi, i poliziotti sudaticci, i maggiordomi impeccabili, i vicini curiosi, i produttori, gli annunciatori, le anchorwomen (sì, Marilyn Levens, nel suo stupido salotto televisivo, ha un?aria di famiglia: è Diane Ladd, la mamma di Laura Dern), i barboni, i truccatori, i passanti che affollano INLAND EMPIRE: Lynch scriveva la sceneggiatura giorno per giorno, seguendo le strade perdute lungo le quali i suoi personaggi s'inoltravano. Ogni porta si apre su un'altra porta, ogni schermo su un altro schermo, nessuno può sapere con certezza se è spettatore o protagonista, se guarda o piuttosto è guardato. Quella parete in ombra, quel buco nero che ingoiava a metà film i protagonisti di Lost Highway per risputarli fuori in un'altra storia e un altro mondo si è illuminato ed è diventato il paesaggio labirintico nel quale il tempo e lo spazio si riavvolgono su se stessi senza soluzione di continuità. Girano in cerchio, come una puntina sul vinile. Tutto comincia come un film, con il fascio di luce del proiettore che illumina il titolo a lettere cubitali, con un disco che gira, con voci radiofoniche e con un'assurda sitcom televisiva interpretata da conigli di dimensioni umane. Ma tutto comincia anche come una fiaba, introdotta da un'ambigua strega dai capelli rossi che vive in una casa di Los Angeles nascosta alla vista dagli alberi e che parla per enigmi e allusioni, di ragazzi perduti, di strade sul retro, di un omicidio che non esiste nel copione, di dimenticanza, che annuncia alla protagonista Nikki il suo domani: seduta sul divano con le amiche, riceve la notizia di essere stata scelta come protagonista di High in Blue Tomorrows, il remake di un film maledetto e mai terminato, sepolto negli annali dei misteri hollywoodiani perché il suo set fu la scena di un duplice omicidio. Non chiedete di più, accomodatevi nelle stanze lynchiane tappezzate di sogni, desideri, paure rimosse, liberate la mente a connessioni sconnesse, a fantasmi lontani, alle ombre che sono la stoffa e la sostanza della realtà. INLAND EMPIRE è un tuffo in un disegno di Escher, su scale che si inerpicano nel nulla, porte che si aprono su finestre, camere infinitamente concentriche. Un viaggio nel mondo di David Lynch guidato da un maestro di cerimonie d'eccezione, l?autore stesso, che sorride beffardo dietro la maschera accomodante del regista Jeremy Irons. La realtà razionale cede il passo all'universo onirico e surreale, dove Alice continua a infilarsi in specchi, case, vite sfuggite al controllo quotidiano e, a forza di aprire porte su altrove ignoti, riallaccia i fili della vita di un'altra Alice straniera, imprigionata davanti a un teleschermo. Ancora più libero ed estremo di Lost Highway e di Mulholland Drive, INLAND EMPIRE (una strada di East Los Angeles) è un paese come Twin Peaks, privo però della sua (relativamente) chiara segnaletica televisiva. Come a Twin Peaks, qui gira gente strana: una cinese e una nera che discutono sulla strada più breve per raggiungere Pomona con i mezzi pubblici, un produttore esecutivo che con spudorata flemma chiede qualche dollaro in prestito a chiunque, un gruppo di strampalati artisti del Baltico a un barbecue, tre conigli in un salotto, e le risate e gli applausi finti del pubblico che ne sottolineano ogni minima azione. Come a Twin Peaks, le chiavi per aprire i misteri sepolti e presenti si trovano solo sotto la superficie della nostra mente. Come a Twin Peaks, a INLAND EMPIRE, la mente se mai nasconde, ma non cancella.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 7 del 2007

Autore: Emanuela Martini

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